Per festeggiare un traguardo importante come i trent'anni di carriera serviva un evento memorabile. E così Max Pezzali si è regalato "San Siro canta Max": il 10 luglio, per la prima volta, sarà protagonista di un concerto nello stadio milanese. "Ancora non ci credo - dice a Tgcom24 -, aspetto che qualcuno mi dica che era uno scherzo". Ma intanto nei primi tre giorni sono stati venduti 30mila biglietti...
Sul palco, Max Pezzali ripercorrerà, insieme ai fan, i più grandi successi della sua carriera trentennale, accompagnandoli in un viaggio indietro nel tempo, per rivivere le emozioni di un passato che soltanto lui sa come riportare alla luce. Da “Nord Sud Ovest Est” a “Come mai”, passando per “Sei un mito” e “Una canzone d’amore” fino ai successi più recenti: per una sola ed unica notte lo stadio milanese si prepara a essere il teatro di un immenso karaoke. "Devo ancora metabolizzare un po' la cosa. Per me San Siro ha sempre rappresentato un sogno che fosse necessario meritarsi - racconta -. E ho sempre pensato di non essere mai arrivato al punto della mia carriera in cui potessi ambire a un traguardo del genere. E invece fortunatamente le persone attorno a me ci credono e inizio a crederci anche io.
Come ti stai preparando?
Sto cercando di mettere in atto tutta una serie di tecniche anche con me stesso per dare il massimo e salire su quel palco.
L'appuntamento di San Siro sarà una tappa speciale del tour che farai o un evento a sé?
In questo momento non lo so nemmeno io. Da qui in poi bisogna organizzare tutto. Sicuramente l'evento di San Siro sarà un modo per cantare tutte le canzoni insieme. Lo vedo come il racconto di una storia che va avanti da diversi anni. Poi non so come verrà modulato il tutto. Immagino che possa aprire la strada a un tour successivo ma è ancora prematuro parlarne.
Quindi non hai nemmeno pensato a come potrà essere lo spettacolo...
No. Quello che so è che dovrà essere uno spettacolo all'altezza del prestigio del luogo e della sua grandezza. Certo, non partiamo da zero. Alla fine sono più di 25 anni che siamo in giro a fare tour. Un po' di esperienza sul campo ce la siamo fatta. Ma è come se fino a ora avessimo giocato in serie A e adesso ci tocca la Champions: non è la stessa cosa.
© Ufficio stampa
Nel frattempo lavori sul tuo nuovo album. A che punto sei?
Vorrei arrivare ad avere selezionato e finito tutti i pezzi che servono entro gennaio o febbraio, per poi potermi concentrare sull'organizzazione e sugli aspetti tecnici del concerto di San Siro.
Intanto hai pubblicato un paio di singoli. L'ultimo, è "In questa città", canzone dedicata a Roma, in un periodo in cui Roma è bistrattata un po' da tutti. Hai fatto una scelta controcorrente...
Credo che le canzoni debbano essere soprattutto oneste. Chi scrive non deve avere filtri o sovrastrutture. Ho voluto raccontare, per immagini, la mia vita reale, che si divide tra Pavia e Roma. E volevo raccontare come, nonostante la fatica immensa di vivere in una città così immensa, Roma sappia sempre come farsi amare. E' per me, che arrivo da fuori, è stato più facile che per uno che a Roma ci è nato e quindi non ha quel distacco necessario per apprezzare certe cose.
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Il tuo ultimo album di inediti è del 2015, poi è arrivato il tour con Nek e Francesco Renga. In cosa sei uscito cambiato da quell'esperienza?
Intanto ho trovato due amici in più. Per me non sono più semplici colleghi, è rimasta una forte unione che va al di là del lavoro. E dal punto di vista del live mi ha in qualche modo aiutato a essere più versatile. Dopo aver cantato per una vita solo le mie canzoni, mettermi alla prova con quelle di altri mi ha costretto a resettare un po' il cervello, come dicono gli americani ho dovuto guardare un po' fuori dalla scatola. E questo è un grande arricchimento che ti aiuta anche a risolvere più rapidamente eventuali problemi.
Pensi che vedremo Nek e Renga sul palco di San Siro?
In questo momento sono aperto a tutto, devo davvero ancora superare lo shock del pensiero che lì dentro dovrò fare qualcosa. D'altronde sono talmente legato a quel luogo.. Ero alla prima dei Mondiali del 1990, Argentina-Camerun, quando hanno inaugurato il terzo anello. Ho visto l'Inter perdere e trionfare, ci ho visto concerti. E adesso toccherà a me...
Visto quello che mi hai detto non posso non chiederti cosa pensi della possibilità che San Siro venga abbattuto...
Per me è un pezzo di cuore, figurati. Però sono anche convinto che al di là del romanticismo sia necessario essere pragamtici. Viviamo in un mondo in cui la parola chiave è sostenibilità, tanto quella ambientale tanto quella economica. Se due club, storicamente rivali, arrivano a prendere una decisione del genere in comune, mi viene da pensare che sia impossibile andare avanti. Altri grandi monumenti del storia del calcio sono stati rasi al suolo e rifatti. Penso a Wembley. In Italia invece siamo soliti considerare eterne strutture che eterne non sono. Quindi il cuore mi fa sperare che San Siro rimanga in piedi ma capisco che forse sarà impossibile.
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