A quasi cinque anni dalla scomparsa di Mango (era l'8 dicembre del 2014), esce “Tutto l’amore che conta davvero”. Un cofanetto sontuoso nella confezione e prezioso nel contenuto che attraverso 4 cd racconta l’arte di Pino Mango. A curarlo è stata la moglie, Laura Valente, insieme ai figli Angelina e Filippo. “Ci sono gli aspetti di Pino, che sapeva essere un artista dalle tante anime - racconta lei a Tgcom24 -.
“Non moriremo mai / il senso è tutto qui / Mi piace questa idea di eternità / non verità”. Il senso di questo lavoro lo si potrebbe trovare già nelle parole della canzone “Non moriremo mai”, tratta dall’album “Disincanto” e qui inserita nel terzo cd, quello dei “tesori nascosti”. Parole unite da un filo invisibile a quelle scritte dalla figlia Angelina, nella lettera che apre il cofanetto: “La musica non ti ha ucciso, la musica ti ha reso immortale. Ora l’ho capito”.
Perché l’arte di Mango è qualcosa che travalica il tempo e che va ben oltre la fine della vita terrena. Quella di un artista che non aveva confini, dotato di una vocalità unica associata a una comunicativa fuori dal comune. Compositore, interprete, poeta, pittore. La fame di vita di Mango si è espressa in tante forme che qui trovano un omaggio all’altezza dell’artista. Merito di un gruppo di lavoro che ha voluto che la memoria di un artista. "Ho cercato di chiamare le persone delle quali sapevo si fidava. Il suo arti director Arturo Bertusi, il suo fonico Lorenzo Cazzaniga… - racconta la Valente -. Tutti si sono messi a disposizione con passione e con gioia. Sono felice di questo risultato. Io parto dal presupposto dell’inadeguatezza: l’opera di Pino è talmente forte, esplosiva, che tutto ciò che io posso fare è inadeguato. Partendo da qui, mi sono messa il cuore in pace e ho fatto del mio meglio.
Perché questo era il momento giusto per questa raccolta?
In realtà avevo iniziato a pensarci tanto tempo fa. Avevo anche provato a bussare a qualche porta ma il presupposto era sempre “se non c’è l’inedito non ci interessa”. E inediti ne avrei anche avuti ma se Pino aveva deciso di non pubblicarli, perché farlo ora? E’ sempre stato contrario a queste cose. E così mi sono ritirata in buon ordine convinta che non avrei mai fatto nulla per lui.
E invece...
E invece quasi un anno fa mi ha chiamato Alberto Salerno e mi ha detto che voleva fare qualcosa per Pino. Mi sono affidata un po’ a lui perché da sola non me la sentivo. Lui mi ha detto che aveva parlato con l’amministratore delegato di Warner Chappell, Roberto Razzini, e con Stefano Senardi, che è l’ex discografico più stimato d’Italia. E così si è costituito questo gruppo di lavoro. Li definisco i miei angeli custodi. Inizialmente abbiamo pensato a un evento, che è poi stata la giornata dedicata a lui nel corso della Milano Music Week.
L'idea del cofanetto invece come ha preso forma?
Ci siamo resi conto che sarebbe stato bello coniugare l'evento pubblico con un’uscita discografica. Warner, coraggiosamente, ha deciso di esporsi su questo progetto, anche se non c’era l’inedito. Ci sono voluti quasi due anni per mettere a punto. Perché il difficile è stato capire cosa non dovevamo fare. Qualcuno mi ha contestato che fare un incontro con gli studenti o una serata nell’ambito della Milano Music Week era riduttivo e avremmo dovuto fare una cosa con la grande orchestra e tanti ospiti… No! Pino ha sempre odiato queste cose. Sapendo cosa non amava abbiamo dribblato e alla fine è nato questo cofanetto.
Una raccolta che contiene 49 canzoni divise in tre dischi. Che criterio hai seguito per sceglierle?
Il suo aspetto era talmente poliedrico che non è stato facile. Noi, ovvero io, Filippo e Angelina, che abbiamo preso tutte le decisioni all’unanimità, abbiamo cercato di seguire il nostro gusto. Il cd dei grandi successi si è quasi scritto da solo. Quando abbiamo dovuto invece fare delle scelte abbia puntato su quello che a noi piaceva di più ma che comunque sapevamo che aveva un posto particolare nel suo cuore. In particolare nel cd de "I tesori nascosti" ci sono quei brani che non avevano le caratteristiche per diventare dei singoli ma avevano quella estrosità e quella libertà espressiva che li rendeva dei gioielli.
© ufficio stampa
Nell'edizione deluxe e in quella in vinile c’è poi un quarto disco, che è il concerto che non è mai avvenuto...
Il live è un’invenzione, il concerto che non c’è. Ho cercato del materiale multitraccia. In casa cd di concerti ne ho migliaia perché lui voleva registrare tutto ma erano registrazioni dal mixer, non professionali. E registrazioni multitraccia non ne ho trovato. Non mi sono rassegnata e mi è venuto in mente che nel corso degli anni aveva fatto delle performance meravigliose a “Serata con” di Radio Italia. Ho chiamato Mario Volanti. Che si è messo a disposizione. Abbiamo scelto tra cinque partecipazioni le cose più giuste per dare di lui quell’aspetto unplugged che tanto gli era piaciuto negli ultimi anni della carriera. C’è una versione meravigliosa de “La rondine”, eseguita da solo al pianoforte, che è esattamente come è nato il pezzo.
A tuo parere qual è la caratteristica che rendeva Pino unico?
Sicuramente il fatto che aveva una vocalità incredibile ma non fine a se stessa. Come tecnica vocale dopo Demetrio Stratos c'è stato lui. Provate a risentire il bicordo (due note diverse cantate in contemporanea - ndr) nella cover di "Mio Dio no". Però lui riusciva a unire questa tecnica a un’espressività pazzesca. Riusciva a veicolare le emozioni, ogni parola di una canzone ti arrivava con il suo peso emotivo. Cosa che spesso chi è molto bravo fa fatica a fare perché rischia di essere freddo.
Quest'anno Pino è stato evocato in due canzoni di rapper. Guè Pequeno ha campionato "Oro" in "Bling Bling", mentre Willie Peyote addirittura ha fatto un brano intitolato "Mango". Cosa ne pensi?
Penso che sia molto bello. Guè ci ha chiesto il permesso di usare il pezzo e grazie a lui tanti ragazzini hanno avuto modo di conoscere "Oro". Sentirla cantare da migliaia di ragazzini al Forum è stata la molla che ha spinto Angelina a scrivere la lettera che apre il cofanetto. Per quanto riguarda Willie Peyote ho voluto chiamarlo io. Lui ha scritto questo brano sull'importanza di credere nei propri ideali, che si chiude con la frase "non voglio fare il divo perché sputo finché campo. Finché morirò sul palco chiedendo scusa come Mango". Quando l'ho chiamato temeva non l'avessimo presa bene e invece noi abbiamo capito cosa intendeva dire e abbiamo apprezzato molto. Ha colto l'aspetto quasi eroico della morte di Pino Si è dato fino all'ultimo. Inoltre c'era capitato di parlare della morte qualche volta e lui diceva che avrebbe voluto morire sul palco, facendo ciò che amava. Così è stato.
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Possiamo dire che questa opera è un parziale risarcimento per il trattamento che alcuni settori della discografia gli hanno riservato negli ultimi anno della sua carriera?
Preferisco non rispondere a questo. Posso dire che questa è un’opera che sta al di sopra delle parti. A parte la lettera di Angelina, che meritava di essere messa per la sua bellezza, è tutta opera sua, compresa la parte testuale. Ci sono testi, pensieri. Per la prima volta quest’estate ho aperto le sue agende. In questi cinque anni me le sono sempre portate dietro ma non le avevo mai aperte. Aprire un’agenda è una cosa complicata, perché è molto privata.
Come è stato?
E’ stato terribile e bellissimo al tempo stesso. Però ne è uscito un patrimonio spirituale, artistico letterario, intellettuale meraviglioso. E anche tanti testi suoi, che sono presenti nel cofanetto, con le cancellature e i ripensamenti tipici di quando uno sta creando. E’ come toccare con mano il suo momento creativo.
Entrando in questo suo mondo intimo, hai scoperto qualche aspetto che anche per te era rimasto inedito?
No. Noi eravamo una famiglia vera. Non lavoravo con lui ma tutte le cose che lui faceva le ho sempre condivise. Sorprese non ce ne sono state.
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