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Anna Magnani, talento indimenticato

L'attrice amata da Visconti e De Sica e da tutto il mondo del cinema moriva quarant'anni fa

Ap/Lapresse

Sono passati 40 anni dalla morte (il 26 settembre 1973) di Anna Magnani. L'attrice resta un'icona di modernità, tra le poche personalità italiane ad avere la stella sulla Walk of Fame di Hollywood. E' stata la prima attrice italiana ad aver vinto l'Oscar. Lavorò con Alessandrini, De Sica, Rossellini, Visconti, Pasolini e affidò a Federico Fellini la sua ultima apparizione in "Roma".

Della città eterna era simbolo già da "Mamma Roma" di Pier Paolo Pasolini (1962), ma a quella data Nannarella era ormai un'icona, fin dal film che le fece fare il giro del mondo esplodendo come una bomba nell'Italia del 1945: "Roma, città aperta" di Roberto Rossellini. Il suo drammatico personaggio (Sora Pina) era ispirato alla vera Teresa Gullace che della resistenza romana al nazifascismo fu subito simbolo e costituì il suo autentico debutto come attrice drammatica. Rossellini per il suo film-verità non aveva scelto attori presi dalla strada bensì due vere star come Magnani e Fabrizi, due interpreti popolarissimi grazie alle loro commedie. Ed è in questi ruoli più leggeri ed eleganti che Anna Magnani era diventata celebre.

Dopo il debutto con "La cieca di Sorrento" di Nunzio Malasomma nel 1934, era stata l'elegante Fanny di "Cavalleria" (diretto nel 1936 da Marcello Alessandrini che l'aveva appena sposata) e la sciantosa "Teresa Venerdi'" di uno spensierato Vittorio De Sica (1941), la fioraia di "Capo de'fiori" (Mario Bonnard) e la popolana di "L'ultima carrozzella" (Mario Mattoli), entrambi del 1943. Il primo a credere in lei come attrice drammatica, come si sa, fu Luchino Visconti che nel '41 l'aveva scelta per "Ossessione": Anna era però incinta di Luca, figlio naturale di Massimo Serato, e dovette rinunciare anche per la depressione dopo l'abbandono del compagno.

Tanto la sua vita artistica fu infatti splendente, tanto quella personale risultò tormentata. "La maggior parte degli uomini sono ominicchi - disse una volta - e io tendo a innamorarmi veramente solo di quelli che ritengo superiori a me. Anche gli altri ti fanno piangere ma sono lacrime che valgono mezza lira. L'unico che ho sempre considerato davvero è stato il mio primo marito, Marcello Alessandrini, anche se quando stavamo insieme avevo sulla testa più corna di un cesto di lumache".

Il che non le impedì, sul set di "Roma città aperta" di intrecciare una relazione con Roberto Rossellini, un amore tanto grande quanto tempestoso: per ripicca dopo che lui l'aveva lasciata per Ingrid Bergman con cui stava girando "Stromboli", la Magnani avviò la produzione di "Vulcano" (diretto da William Dieterle nel 1950) come un vero e proprio dispetto. Ma tanti anni dopo, al suo capezzale nella clinica Mater Dei, insieme all'unico figlio Luca, c'è proprio Rossellini.

Con 46 film in carriera (più un'apparizione "spuria" nel 1928 ("Scampolo"), un Oscar e una nomination (tutte e due le volte per film in lingua inglese), un Golden Globe, cinque nastri d'argento, appena due David di Donatello, una Coppa Volpi per "L'onorevole Angelina", orso d'argento come miglior attrice (per "Selvaggio è il vento") e infiniti riconoscimenti minori, Anna Magnani resta soprattutto un mito.

MARATONA/OMAGGIO DI IRIS - La retrospettiva - in onda giovedì 26 settembre, a partire dalle ore 23.30 sino a notte fonda - apre con il film drammatico del 1962 scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini, “Mamma Roma”. A seguire è la volta de “Nella città l’inferno” (1958), dramma di ambientazione carceraria di Renato Castellani, tratto dal romanzo “Roma, via delle Mantellate”, di Isa Mari. Chiude la rassegna, “Lo sconosciuto di San Marino”, film del 1946 diretto da Michal Waszynski.

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