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ArcelorMittal, il governo: "No allo spegnimento degli impianti"

Per il premier Conte l'azienda "pagherà i danni per la violazione degli impegni". Il commento del ministro Boccia: "La proprietà non si permetta di spegnere". L'azienda: "Legalmente il contratto va sciolto"

Il governo è compatto contro ArcelorMittal che ha dichiarato di voler procedere con lo spegnimento degli impianti dell'ex Ilva di Taranto. "Non devono permettersi di spegnere la fabbrica. E' un contratto di affitto: l'hanno trovata accesa e la lasciano accesa", ha detto il ministro degli Affari Regionali, Francesco Boccia. "ArcelorMittal sta violando gli impegni presi e di questo ne risponderà in sede giudiziaria", ha aggiunto Giuseppe Conte

ArcelorMittal "si sta assumendo una grandissima responsabilità" sull'ex Ilva, ha sottolineato il presidente del Consiglio, in quanto la decisione dello stop "prefigura una chiara violazione degli impegni contrattuali e un grave danno" all'economia nazionale. "Di questo ne risponderà in sede giudiziaria sia per ciò che riguarda il risarcimento danni, sia per ciò che riguarda il procedimento d'urgenza".

Boccia: "La proprietà non si permetta di spegnere" Secondo il ministro Boccia, la proprietà "non deve assolutamente permettersi di spegnere la fabbrica. Non ne ha il diritto, commetterebbe più reati. Se vogliono lasciare la fabbrica hanno il dovere di lasciarla così com'è. Questo è un contratto di affitto. L'hanno trovata accesa e la lasciano accesa. Non spengono i forni. Sarebbe di una gravità inaudita. Il governo è disponibile ad incontrare l'azienda, ma non consentiamo ad ArcelorMittal di essere ricattati".

La dimensione " ecologica ed economica devono andare a pari passo - ha proseguito Boccia - e noi continueremo a produrre acciaio. Se non lo farà Mittal, lo farà l'amministrazione straordinaria con l' intervento ponte dello Stato e poi troveremo altri imprenditori in Italia e nel mondo che vogliano ancora partire da Taranto. Su questo il governo è compatto".

Patuanelli: "Non c'è il diritto di recesso" Sulla vicenda è intervenuto anche il ministro Stefano Patuanelli, che al tavolo tra ArcelorMittal e sindacati ha sottolineato quanto il governo non riconosca che per l'azienda ci sia oggi un diritto di recesso.

"L'azienda lega tutto allo scudo" "L'azienda ha dichiarato qualcosa che ci ha lasciato piuttosto perplessi - ha proseguito Patuanelli - cioè che tutto è legato allo scudo, quando dal 12 settembre dichiara che ci sono 5mila esuberi necessari per un problema strutturale dell'impianto, che non potrà mai più produrre più di 4 milioni di tonnellate. Allora credo che l'azienda si debba mettere d'accordo con se stessa quando fa le dichiarazioni".

L'a.d. dell'azienda: "Legalmente il contratto va sciolto" "Noi siamo qui perché riteniamo che il contratto legalmente possa essere sciolto. Questo è quello che abbiamo chiesto e stiamo agendo in coerenza", ha invece affermato l'a.d. di ArcelorMittal, Lucia Morselli al tavolo sull'ex Ilva.

"Tolta la bacchetta magica per lavorare" Con il venir meno dello scudo penale "è stato rotto il concetto base del piano risanamento dell'ex Ilva", ha dichiarato ancora la Morselli. Sono venuti meno i presupposti di un un piano "che diceva: ci piacerebbe avere la bacchetta magica ma non l'abbiamo. Allora bisogna andare al 2023, quando l'area a caldo sarà accettabile. Nel frattempo creiamo le condizioni per arrivarci e una delle condizioni era dare la protezione a chi ci lavora".

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