Ultimi giorni per Manet a Venezia Un racconto di luoghi, di suggestioni e di arte
Si tratta di un’esposizione di un’ottantina circa tra dipinti, disegni e incisioni, progettata con la collaborazione speciale del Musée D’Orsay di Parigi
Per ben due volte, nel corso dei suoi tre viaggi italiani, Édouard Manet (1832-1883) decise di fermarsi per qualche tempo nell’incantevole città dei Dogi. Due tappe che le note biografiche a volte addirittura tralasciano di riportare, ma che invece sono state fondamentali per la sua pittura, come la bella mostra ordinata da Gabriella Belli e Guy Cogeval a Palazzo Ducale di Venezia vuole dimostrare, soffermandosi non solo sulle suggestioni ricevute dai grandi maestri veneti, ma ricostruendo anche l’importanza, fino ad ora sottovalutata, dell’influenza dell’arte italiana, in particolare di quella del cinquecento veneto, sull’intero corpus pittorico del maestro francese.
Era il settembre del 1853 quando Manet sbarcava per la prima volta a Venezia in compagnia del fratello Eugène. La città presentava ancora le ferite delle artiglierie austriache che avevano combattuto la coraggiosa resistenza dei lagunari e il nuovo ponte in ferro vicino alla stazione di Santa Lucia stava per essere terminato, così come numerosi altri interventi urbanistici che avrebbero rinnovato e rivitalizzato il volto e lo spirito dell’antica e stanca Serenissima.
Rampollo di un alto funzionario del Ministero della Giustizia e della figlia di un abile diplomatico, il promettente Édouard di prassi avrebbe dovuto studiare diritto e diventare avvocato, ma visti gli scarsi risultati scolastici e la sua grande passione per il disegno, dopo una breve parentesi marinara, Manet viene mandato alla scuola di Couture, stella nascente della pittura francese e appassionato cultore del Rinascimento italiano. È da lui e dalle belle opere che vede appese al Louvre che Manet comincia ad appassionarsi al cinquecento italiano, in particolare ammira Carpaccio, Tiziano, Giorgione, Veronese, Tintoretto (ma anche Andrea del Sarto, Antonello da Messina, solo per citarne alcuni) che avrà modo di riscoprire e copiare nei suoi soggiorni italiani e le cui suggestioni riaffioreranno in molti dei suoi futuri capolavori.
Non si conoscono tanti dettagli della prima villeggiatura veneziana di colui che a quel tempo era ancora un giovane ventenne e aspirante pittore, ma di sicuro si può immaginare che abbia visitato le chiese con le pitture di Tiziano, le raccolte con i dipinti di Carpaccio, i palazzi con le opere del Veronese e che abbia goduto dei bagni lagunari ospitati su strutture galleggianti in diverse parti della città, piazza San Marco compresa.
Molto più ricco di particolari è il resoconto della sua seconda visita in laguna (tra il primo e il secondo soggiorno nel 1857 è da registrare una lunga permanenza a Firenze con lo scultore Eugène Brunet), avvenuta nel settembre del 1874. A quella data era la Francia a portare ancora le conseguenze dell’assedio prussiano, mentre Manet era già assurto al tempio dell’arte, aveva dipinto i suoi più grandi capolavori (dal celeberrimo Dejouner sur l’herbe del 1863 alla dissacrante Olympia del 1865, che tanto scandalo suscitarono ai Salon) ed era ormai considerato il padre della modernità, anche se aveva deciso di non esporre alla prima mostra degli impressionisti apertasi quello stesso aprile nello studio del fotografo Nadar in boulevard des Capucines.
Ad accogliere lui, la moglie Suzanne Leenhof e l’amico pittore James Tissot (arrivati a Venezia con il treno delle ventidue e quindici) non ci sono più le bianche divise degli austriaci ma il tricolore e l’immagine del nuovo re d’Italia, Vittorio Emanuele II, e una Venezia restaurata e più mondana. Di questo soggiorno, protrattosi per venti giorni, restano alcune vedute della laguna, dai vibranti tocchi di blu e azzurri e dall’immancabile presenza delle gondole, ma soprattutto rimangono vivi i ricordi del Tiziano che rivede per l’ennesima volta nella Scuola Grande di San Rocco e nei meravigliosi colori dell’Assunta dei Frari. Del resto Tiziano e Carpaccio erano sempre stati molto in alto nella scala delle sue preferenze: è alla Venere di Urbino di Tiziano che aveva guardato quando aveva dipinto la sua Olympia ed è probabilmente alle Due donne veneziane di Carpaccio che pensava quando dipingeva Il balcone (1868-69).
Questi e tanti altri aspetti emergono con forza dall’attenta, esaustiva e scrupolosa lettura che la mostra di Palazzo Ducale (e con essa il bel catalogo) ha voluto presentare al pubblico, ma restano solo poche settimane per poter approfittare di un’occasione davvero unica per vedere i grandi capolavori del Maestro parigino accanto ai padri della sua pittura.
Lorella Giudici
"Manet. Ritorno a Venezia” è realizzata dalla Fondazione Musei Civici di Venezia nelle monumentali sale di Palazzo Ducale. Un’esposizione di un’ottantina circa tra dipinti, disegni e incisioni, progettata con la collaborazione speciale del Musée D’Orsay di Parigi. Grazie a prestiti internazionali, in mostra opere straordinarie a cui Manet si è ispirato come nel caso della Venere di Urbino di Tiziano per realizzare l'Olympia. Così in raffronto opere di Tintoretto, Antonello da Messina, Lorenzo Lotto, Vittore Carpaccio, Henri Fantin-Latour... a cui Manet si è ispirato. Una occasione unica.
Sede: Palazzo Ducale – San Marco 1 , 30124 Venezia
Apertura: 24 aprile 2013 / 18 agosto 2013 / PROROGATA AL 1 SETTEMBRE 2013
Orari: da domenica a giovedì, dalle 9.00 alle 19.00 – venerdì e sabato, dalle 9.00 alle 20.00
(chiusura biglietteria 1 ora prima)
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