Enologo ucciso e bruciato, si indaga sul lavoro
L'autopsia non ha rilevato la presenza di proiettili ma questo non vuol dire che non siano stati sparati: forse sono fuoriusciti dal corpo. Il dna di Ulrico Cappia confrontato con quello della figlia
Proseguono le indagini sull'enologo Ulrico Cappia ritrovato ucciso e bruciato dentro la propria auto nelle campagne di Latina. Sembra tramontare la prima ipotesi avanzata, vale a dire la vendetta di un ex dipendente con un alibi già verificato dai carabinieri. Prende piede, invece, il delitto per una motivazione professionale.
Sul cadavere carbonizzato non sono stati ritrovati proiettili, ma non questo non vuol dire che non siano stati sparati. Potrebbero semplicemente essere fuoriusciti dal corpo. Finora sono quattro i bossoli sparati dalla pistola che è stata rinvenuta a pochi metri dalla Fiat 500 di Cappia data alle fiamme. L'uomo probabilmente era già morto quando il killer ha cosparso il veicolo di liquido infiammabile.
A indirizzare le indagini ci sarebbe adesso una confidenza fatta dall'uomo a un collega di Itri in merito alle sofisticazioni fatte in alcune aziende vinicole della Campania: "Io ci ho lavorato da quelle parti, non immagini cosa succede nelle cantine campane". Se tale pista dovesse rivelarsi valida, quella dell'enologo potrebbe rivelarsi una vera e propria esecuzione. Cappia d'altronde è persona conosciuta nell'ambiente come assolutamente irreprensibile.
Nei prossimi giorni il dna del corpo verrà confrontato con quello della figlia di Cappia per confermarne in maniera definitiva l'identità.
SU TGCOM24