Via il tumore alla prostata e insieme protesi al pene: è l'intervento chirurgico sperimentato con successo all'ospedale Santissima Annunziata di Firenze. Mentre è stato asportato il tumore che aveva aggredito in maniera estesa la la ghiandola che produce ed emette il liquido seminale, è stato ricostruito il membro che potrà riacquistare pienamente le sue funzionalità sessuali.
Un procedimento complesso - Su un paziente di 60 anni è stata impiantata una protesi peniena contemporaneamente alla prostatectomia radicale extraperitoneale. In altre parole, mentre è stato asportato il tumore che aveva aggredito in maniera estesa la prostata, allo stesso paziente sono stati impiantati un serbatoio, una pompetta e due cilindri in silicone rivestiti da uno strato antibiotico che fanno da corpo cavernoso in grado di permettere all'uomo di avere erezioni e una vita sessuale normale. Tutto questo in laparoscopia, con appena cinque forellini addominali, necessari anche solo per l'intervento base alla prostata, ed uno a livello dello scroto, che a 28 giorni dall'intervento non mostrano nemmeno una cicatrice.
Già ripetuto - Il buon risultato dell'operazione, finora giudicata difficilmente praticabile e densa di controindicazioni, ha indotto gli urologi fiorentini a ripeterla su due pazienti più giovani e a programmarne altre due nelle prossime settimane. A un mese circa dagli interventi, due dei tre pazienti erano completamente continenti e in grado di avere una sessualità. Solo uno è ancora sotto controllo dei medici in attesa della completa guarigione.
"La novità è nella contemporaneità" - Il professor Riccardo Bartoletti ha detto: "La novità è data dalla simultaneità dell'asportazione del tumore con l'impianto di tutte le componenti della protesi che agisce meccanicamente proprio come una pompa idraulica. Finora infatti nel 50% dei casi di prostatectomia in cui non è possibile conservare i fasci nervosi essenziali per il meccanismo dell'erezione, una protesi peniena veniva impiantata solo dopo 2-3 anni dalla rimozione del tumore, limitando solo in qualche caso la sistemazione in contemporanea del serbatoio nell'addome vicino alla vescica. La rinuncia a un intervento unico che affrontasse in una sola soluzione tutte le problematiche era motivata principalmente dall'estrema sofisticazione della metodica e dal forte rischio di complicazioni infettive che avrebbe reso necessario rimuovere la protesi peniena".