I governi chiedono i dati degli utenti a Twitter
E' in crescita in numero delle nazioni che inoltrano richieste al social network per accedere ai dati degli iscritti e censurare cinguettii, soprattutto per portare avanti indagini criminali
Quella del controllo dei dati degli utenti del web è una questione sempre più aperta. Dopo i casi di Facebook e del datagate, ora il dibattito si sta spostando su Twitter, come evidenzia un rapporto sulla Trasparenza pubblicato dal sito microblogging.com.
Secondo l'indagine infatti diversi governi si stanno rivolgendo al social network per accedere ad alcuni dati degli iscritti. Le richieste sono state inoltrate da tutto il mondo tanto che, in questo senso, nei primi sei mesi del 2013 è stato registrato un aumento del 40% rispetto all'anno precedente. In testa gli Stati Uniti (78%), da dove provengono tre quarti delle richieste totali, legate a indagini criminali; i dati presi in esame sono principalmente e-mail e indirizzi IP (da cui è possibile risalire ai singoli computer) collegati ai profili degli utenti. Seguono, staccatissimi, Giappone, Brasile e Gran Bretagna.
C'è poi il discorso della censura, ovvero dei cinguettii che hanno ricevuto una richiesta di rimozione governativa. In questo caso comanda il Brasile che precede India, Giappone, Olanda e Russia. Anche qui il trend è in crescita, come confermano i vertici stessi di Twitter tramite il manager della politica legale Jeremy Kessel: "Negli ultimi sei mesi siamo passati dal trattenere contenuti in due Paesi a sette (per motivi che vanno da discorsi d'odio alla diffamazione)". Sono state ben 35 le nazioni ad intraprendere questo genere di azioni a partire dal giugno 2012, quando venne stilato il primo rapporto sulla Trasparenza, comprendente indagini investigative, ma non informazioni confidenziali, che negli Usa sono autorizzate sotto la legge federale del Patriot Act.
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