La vicenda della gravidanza di Kate lascia un importante insegnamento in eredità alle generazioni future: non c'è niente da fare, dopo nove mesi circa, tutti i bambini, anche quelli reali, nascono. Certo, se sono famosi come l’erede al trono della terra d’Albione, cambia tutto. Perché da una parte c’è una verità inconfutabile: la nascita di un bambino non è una notizia.
Se la natura non è particolarmente dispettosa, avrà due gambe, due braccia, verosimilmente pochi capelli, piangerà quando ha fame e si attaccherà alla tetta della non nobile mamma con la voracità di una sanguisuga. Dall’altra parte è inutile storcere il naso, un neonato principesco è un evento, oltretutto sempre più raro al giorno d’oggi, visto che i re e le regine sembrano a rischio estinzione più dei panda. Certo, ci volevano i britannici per mettere in piedi un circo mediatico di questo genere: mesi e mesi di nulla giornalistico fondato su un fatto (una donna incinta) e nessuna notizia, nemmeno il sesso del nascituro (dubbio sul quale si sono spese ore e ore di speculazioni).
Eppure sono riusciti ad avvincere, e avvinghiare, la stampa di tutto il mondo, coinvolta in una spirale di pettegolezzi, indiscrezioni, bugie. Anche noi abbiamo imparato rudimenti di astronomia (le fasi della luna che aiutano il parto), di astrologia (cancro o sagittario, questo è il dilemma). Sappiamo tutto sull’albero genealogico reale, sui diritti di successione (deve seppellire bisnonna, nonno e padre prima di posare le regali chiappe sul trono), sull’amore degli inglesi per le scommesse (dal nome del bimbo/a al colore del vestito di Kate quando lascerà all’ospedale, dal giorno della nascita a chi lo terrà in braccio abbandonando la clinica). Le più attente hanno fatto incetta di consigli per un guardaroba premaman di classe, sappiamo che la tata sarà italiana (ma non è Tata Lucia, accidenti), conosciamo il testo della ninna nanna, il presepe partenopeo si è arricchito di due statuine (e il bambinello assomiglia in modo preoccupante a quello che di solito sta nella stalla).
D’altronde è inutile nasconderci, ci siamo appassionati anche noi a questo frutto dell’amore reale e chiunque ha in mente almeno un fotogramma delle nobili nozze dello scorso anno, fosse anche il conturbante sedere di Pippa. Non facciamo gli snob, i reali hanno ancora una vena romantica. Fanno sognare drappi e baldacchini, stanze da sogno e valzer. Cene principesche e sudditi che lanciano i loro cappelli (molto british) per aria in segno di giubilo. Insomma, principi e re ci ricordano che le favole esistono. E che noi italiani, come al solito, viviamo i sogni altrui. Ma questo, è un altro problema.