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Finanziamenti ai partiti, Pd e Pdl: non si taglino

Rivolta trasversale contro la riforma: "La democrazia è a rischio, i rimborsi devono restare"

LaPresse

Il finanziamento pubblico ai partiti torna al centro del dibattito politico. Tre mesi dopo il varo da parte del governo del ddl che ne prevede l'abolizione, e alla vigilia dell'arrivo del testo alla Camera, i partiti si ribellano con un coro unanime da Pd a Pdl. "E' una legge sbagliata e ipocrita", tuona Maurizio Bianconi, tesoriere del Pdl. "E' una violenza alla democrazia", gli fa eco il pidiellino Ugo Sposetti.

Contro il ddl anche Sel e M5S - Il fronte dei "no" all'abrogazione è ampio. "E' una legge che ci mette fuori dall'Europa", sottolinea al Corriere della Sera il tesoriere di Sel, Sergio Boccadutri. E anche i grillini, che parlano di "truffa", non ci stanno: "Noi abbiamo già rinunciato a 42 milioni di rimborsi elettorali", ribadisce Giuseppe D'Ambrosio, evidenziando come si tratti di un modo per far entrare i soldi dalla finestra invece che dalla porta.

Presentati 150 emendamenti - Quel che ne sarà del ddl, in realtà, ancora non è chiaro. Perché il rischio è che gli oltre 150 emendamenti presentati al testo del governo, ridisegnino il provvedimento svuotandolo dei contenuti. "Se la gente vuole eliminare il finanziamento, lo si elimini sul serio e non si usino palliativi come il 2 per mille", spiega Bianconi. "E' un meccanismo fastidioso - conferma Boccadutri - alla fine è lo Stato che ci mette i soldi: cifre donate non sulla base del consenso, ma del censo".

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