Gli Atoms for peace non deludono, nemmeno dal vivo. Ieri in concerto al City Sound Festival a Milano il supergruppo, nato nel 2009 dal sodalizio tra Thom Yorke, il leader dei Radiohead, e Flea, il bassista dei Red Hot Chili Peppers, ha riscaldato il palco a suon di elettrorock e fatto ballare e sognare l'intera platea dell'Ippodromo del Galoppo. La band anglo-americana ha superato a tuttotondo il banco di prova meneghino.
Pochi erano i dubbi. D'altronde presi uno a uno gli Atoms for peace sono un marchio di garanzia. Thom Yorke sa come muoversi sul palco. Alla voce ammaliante, il cantante sa accompagnare fascino (i movimenti sinuosi durante la performance sono da capogiro) e competenza artistica. Sul palco del suo ce l'ha messo anche Flea, il bassista dei RHCP, che con il suo tocco virtuoso, con apparente facilità, riesce a infondere energia da tutte le corde. L'intesa tra i due artisti è comprovata. Ma nessuno è stato da meno. Né Joey Waronker, già batterista di Beck e dei Rem, né Nigel Godrich, produttore dei Radiohead, che era dietro le tastiere e i synth, né Mauro Refosco, percussionista brasiliano apprezzato da mezzo mondo. Il tutto è stato accompagnato a livello visivo da due schermi ai lati del palco che inquadravano da vicino i componenti del gruppo e sullo sfondo da un schermo illuminato da forme geometriche fatte coi led.
Dal vivo gli AFP hanno accontentato tutti. La poetica di Yorke caratterizza anche Amok, da cui prende nome il disco di debutto che è stato presentato appunto alla platea milanese. L'impianto rock, infatti, è ammorbidito e disteso dai suoni elettronici che rendono l'atmosfera sonora profonda e dalla quale emerge e incanta la voce a tratti salvifica e a tratti tormentata di Yorke. Il significato di Amok è guerriero, ma anche follia rabbiosa, ossessiva, esplosiva. Una fusione nucleare ben riuscita quindi quella degli AFP dove il dionisiaco caos istintuale della passione degli artisti si trasforma in perfetta resa apollinea grazie alla tecnica e alla loro bravura. Per dirla con Nietzsche "bisogna avere in sé il caos per partorire una stella che danzi". E Yorke e i suoi ci sono riusciti.