Parlare di un'eventuale grazia a Silvio Berlusconi, come ha fatto oggi un quotidiano, è "analfabetismo". A sottolinearlo sono ambienti del Quirinale, secondo cui "queste speculazioni su provvedimenti di competenza del Capo dello Stato in un futuro indeterminato sono un segno di analfabetismo e sguaiatezza istituzionale". E danno il senso "di un'assoluta irresponsabilità politica che può solo avvelenare il clima della vita pubblica".
La campagna del quotidiano Libero - Da due giorni il quotidiano Libero parla della possibilità che il presidente Giorgio Napolitano possa concedere la grazia a Silvio Berlusconi in caso di condanna in terzo grado. Venerdì il quotidiano titola in prima: "Grazia a Silvio, ci sta anche Letta". Nell'articolo si scrive che la proposta sarebbe venuta direttamente dal capo dello Stato che ne avrebbe parlato con il premier Enrico Letta il quale avrebbe risposto "con un silenzio-assenso".
Il giorno prima Libero titolava sempre in prima: "Giorgio facci la grazia". Aggiungendo nell'occhiello: "solo Napolitano può salvare la democrazia con un'iniziativa straordinaria ad personam". Della possibilità di un provvedimento del genere, secondo ricostruzioni giornalistiche, si era anche parlato mercoledì sera nel corso di un vertice convocato da Berlusconi a palazzo Grazioli subito dopo la decisione della Cassazione di anticipare al 30 luglio la sentenza sul cosiddetto processo Mediaset.
I tre scenari del dopo Cassazione - Quando la Cassazione pronuncerà la sua sentenza, il ventaglio prevede sostanzialmente tre ipotesi. La prima, piùfavorevole al Cavaliere, è l'annullamento in toto della condanna d'appello senza alcun rinvio; Berlusconi prosciolto e libero (in attesa dell'esito del processo Ruby dopo la condanna di primo grado a Milano e del procedimento per compravendita di senatori a Napoli).
La seconda ipotesi, intermedia, vede la Cassazione accogliere uno o più motivi di ricorso contro la condanna di secondo grado e annullare la sentenza con rinvio ad un'altra corte di Appello per celebrare un nuovo processo o ricalcolare la pena (considerato che nel frattempo una parte del reato sarà prescritta).
La terza ipotesi è quella della conferma della condanna. In questo caso il premier non andrebbe in carcere; in quanto ultrasettantenne e con un solo anno di reclusione da scontare scatterebbe l'affidamento ai servizi sociali. Ma rischia di concretizzarsi il timore maggiore: decadere da senatore per effetto della pena interdittiva dai pubblici uffici. L'ultimo step, in questo caso, spetta all'aula del Senato, che, con probabile voto segreto (per oscurare il tabellone elettronico basta la richiesta di soli 20 senatori), dovrà dare il via libera alla decadenza. Ma in caso di scioglimento delle Camere, Berlusconi non potrebbe candidarsi alle nuove elezioni, perché la pena avrebbe pieno effetto.