Bolivia, Evo Morales si dimette su pressione dell'Esercito | Il Messico gli concede l'asilo politico
Il presidente non ha lasciato il Paese. Il comandante della polizia nazionale smentisce il leader dei comitati civici che aveva annunciato un mandato di cattura. Arrestati vertici del Tribunale elettorale
Il presidente boliviano Evo Morales si è dimesso ma non ha lasciato la Bolivia, come inizialmente avevano ipotizzato fonti giornalistiche locali. L'aereo presidenziale sul quale Morales è stato visto imbarcarsi da La Paz lo ha condotto nella città di Chimorè da dove ha annunciato la decisione di dimettersi. Intanto il comandante della polizia nazionale, prima di dimettersi, nega che sia stato emesso un mandato di arresto contro Morales.
Nessun mandato di arresto Contrariamente a quanto annunciato da Luis Fernando Camacho, leader indiscusso del movimento dei comitati civici che ha portato alle dimissioni di Morales, nei confronti del presidente non esiste alcun mandato di arresto. Il comandante della polizia nazionale della Bolivia, Yuri Calderon, infatti, ha negato che sia stato emesso un mandato di arresto contro il presidente Evo Morales. "E' un potere del pubblico ministero ordinare mandati di arresto, la polizia boliviana li esegue solamente. E voglio far sapere alla popolazione boliviana che non esiste un mandato di arresto contro funzionari statali come Evo Morales e i suoi ministri", ha sottolineato.
Il capo della polizia si dimette Lo stesso Calderon ha poi presentato le sue dimissioni da comandante della polizia della Bolivia. Lo riporta il sito del quotidiano El Deber. Le dimissioni giungono dopo una serie di critiche dall'interno dell'istituzione stessa e da settori della popolazione che lo considerano schierato con il governo di Evo Morales. Ruddy Uria, direttore dell'unità di comunicazione della polizia boliviana, ha confermato che lo Stato maggiore ha chiesto a Calderón di dimettersi e si attende ora la nomina di un nuovo capo ad interim della polizia.
Arrestati i vertici del Tribunale elettorale María Eugencia Choque, ex presidente del Tribunale supremo elettorale della Bolivia, e Antonio Costas, ex vicepresidente, sono stati arrestati con l'accusa di brogli nelle elezioni generali del 20 ottobre. Lo riporta il sito del quotidiano El Deber. I due, che avevano già rassegnato le dimissioni, stavano cercando di lasciare La Paz, ha riferito il comandante della polizia boliviana, Yuri Calderón, aggiungendo che 36 autorità elettorali dei dipartimenti di La Paz, Santa Cruz, Sucre, Pando, Tarija, Oruro, Pando e Beni sono state arrestate a livello nazionale.
La pressione dell'opposizione Morales, dunque, che sembrava uno dei capi di Stato di maggiore successo in America latina, ha visto il potere sfuggirgli dalle mani in pochi giorni, per una crescente pressione dell'opposizione interna, formata da partiti tradizionali e comitati civici radicati nelle città da sempre a lui ostili, a cui si sono uniti alla fine anche settori operanti nell'area privata di agricoltura e miniere.
Esercito ha chiesto le sue dimissioni La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata quando alle grida dell'opposizione si sono associati anche i vertici delle forze armate e della polizia i quali - dopo che Morales aveva annunciato nuove elezioni sulla scia delle massicce contestazioni seguite alla sua vittoria alle presidenziali del 20 ottobre - gli hanno chiesto di abbandonare l'incarico "per il bene del Paese".
Morales non ha lasciato il Paese Prendendo tutti alla sprovvista, da La Paz, a bordo dell'aereo presidenziale, Morales si è spostato a Chimorè - città a lui cara nel dipartimento di Cochabamba, per annunciare al popolo boliviano la decisione di dimettersi. Fonti giornalistiche locali, vedendo il presidente imbarcarsi subito dopo la richiesta dei vertici militare di lasciare l'incarico, avevano ipotizzato che stesse abbandonando il Paese diretto in Argentina. Morales ha spiegato, in una breve dichiarazione che la decisione di dimettersi derivava dall' "obbligo di operare per la pace". "Mi fa molto male - ha detto Morales - che ci si scontri fra boliviani e che alcuni comitati civici e partiti che hanno perso le elezioni abbiano scatenato violenze ed aggressioni". "E' per questa ed altre ragioni che sto rinunciando al mio incarico inviando la mia lettera al Parlamento plurinazionale", ha concluso.
L'annuncio di nuove elezioni In mattinata Morales aveva annunciato che si sarebbe votato di nuovo, a seguito anche del fatto che l'Organizzazione degli Stati americani (Osa), incaricata di indagare lo scorso processo elettorale, aveva pubblicato un rapporto in cui rendeva noto di aver constatato la presenza di irregolarità anche gravi, e proponeva di convocare un nuovo voto sotto la responsabilità di un rinnovato Tribunale supremo elettorale (Tse). Lodando il lavoro della sua squadra, il segretario generale dell'Osa, Luis Almagro, aveva pero' voluto precisare che "i mandati costituzionali in Bolivia non debbono essere interrotti, compreso quello del presidente Morales".
La protesta non si placa Tuttavia l'annuncio del capo dello Stato non ha avuto l'effetto sperato di calmare le proteste che da tre settimane hanno sconvolto la vita dei boliviani toccando anche la polizia, in parte ammutinatasi, e causando almeno tre morti e centinaia di feriti. Con Morales che è arrivato a parlare di "golpe fascista" dopo che le case dei governatori di Chuquisaca ed Oruro e quella di sua sorella sono state date alle fiamme. I partiti di opposizione, e ancora di più i comitati civici guidati dal presidente del 'Comite' pro Santa Cruz', Luis Fernando Camacho, hanno sfruttato le parole del capo dello Stato per forzarne il più presto possibile l'uscita di scena, ricordando l'esito di un referendum che respinse la sua richiesta di candidarsi per un quarto mandato.
Maduro condanna "colpo di Stato" contro Morales Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha condannato "in maniera categorica" il "colpo di Stato" in Bolivia dopo le dimissioni del presidente Evo Morales "nostro fratello" appellandosi su twitter alla "mobilitazione per esigere che sia preservata la vita dei popoli indigeni boliviani vittime di razzismo".
Il Messico accorda l'asilo politico a Morales Il Messico ha annunciato di aver concesso asilo politico a Morales. A renderlo noto il ministro degli Esteri Marcelo Ebrard. Il presidente messicano Andres Manuel Lopez Obrador aveva sottolineato la "decisione responsabile" del presidente boliviano di lasciare il suo incarico per "evitare che il popolo fosse esposto alla violenza".