Svolta imprevista nel maxi-processo Eternit, la più grande causa mai promossa in Europa e nel mondo per i drammi provocati dall'amianto. Il 92enne barone belga Louis de Cartier de Marchienne è morto a meno di due settimane dalla giornata in cui la Corte d'appello di Torino avrebbe dovuto decidere se dichiararlo colpevole o meno di disastro doloso. La scomparsa di De Cartier ora mette a rischio i risarcimenti per le parti civili.
"La morte dell'imputato estingue il processo. Quindi vengono meno tutte le disposizioni della sentenza di primo grado, comprese quelle che si riferiscono alle parti civili". Così l'avvocato Cesare Zaccone, il difensore dell'industriale De Cartier. Il 92enne era stato condannato in primo grado a sedici anni di carcere e a versare circa 80 milioni di provvisionale (ma una quota era a carico di una delle società della galassia Eternit, la Etex) alle parti civili. L'avvocato Zaccone ha sempre sostenuto l'estraneità del suo assistito ai fatti contestati.
La scomparsa di De Cartier si abbatte in particolare sulle migliaia di parti civili, i malati e i parenti delle persone decedute, seconda l'accusa, a causa dell'amianto lavorato in quattro stabilimenti italiani della Eternit. "Andremo avanti lo stesso, non per accanimento ma per dovere", ha annunciato Bruno Pesce, coordinatore dell'Afeva, l'associazione delle vittime, da Casale Monferrato (Alessandria), la città in cui il minerale killer ha colpito più duro con quasi duemila vittime. Ma bisognerà ricominciare da capo con una lunga causa civile.
Il barone belga aveva affrontato il processo con profondo distacco, senza partecipare alle udienze e senza far mai sentire la sua voce. A differenza del miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, uno degli uomini più ricchi in circolazione, che resta ora l'unico imputato. Ma per i pm Raffaele Guariniello, Sara Panelli e Gianfranco Colace, che ne avevano rintracciato il nome setacciando i complicati intrecci societari della galassia Eternit negli anni Sessanta e Settanta, erano entrambi responsabili.