Condannata per concorso nell'omicidio di Luca Massari, il tassista aggredito e ucciso il 10 ottobre 2010 a Milano, Stefania Citterio dovrà solo risarcire i danni alla famiglia, ma non scontare una pena per quell'accusa. E' la "singolare" sentenza emessa della Corte d'Assise d'Appello di Milano perché la Procura non ha presentato appello per chiedere la riqualificazione del reato da minacce a concorso anomalo in omicidio.
Il verdetto ha stupito anche gli avvocati presenti in aula, ma nella sua particolarità ha una spiegazione logica e giuridica. I giudici della seconda sezione della Corte d'Assise d'Appello di Milano, infatti, hanno potuto accogliere solo il ricorso dei familiari di Massari, gli unici ad aver chiesto che venisse dichiarata la responsabilità della donna nell'uccisione, anche se ai soli fini del risarcimento danni, "unica strada" per la parte civile. La Procura, invece, non aveva presentato appello per chiedere la riqualificazione del reato da minacce a concorso anomalo in omicidio, imputazione che aveva, invece, contestato in primo grado, formulando per la giovane una richiesta di 21 anni di carcere.
La vicenda - Il 10 ottobre del 2010, il tassista Massari stava viaggiando lungo via Luca Ghini, alla periferia sud di Milano, quando un cane finì sotto la sua auto. Scese per scusarsi ma non fece in tempo, perché venne pestato brutalmente, andò in coma e morì. Per quell'aggressione, il 14 luglio 2011, è stato condannato con rito abbreviato (sentenza poi confermata in appello) a 16 anni di carcere Morris Ciavarella, il giovane che, stando alle indagini del pm Tiziana Siciliano, avrebbe sferrato "gli ultimi due micidiali colpi": una ginocchiata in faccia e una spinta violenta. Stefania Citterio, fidanzata di Ciavarella, e il fratello Pietro Citterio erano stati condannati, invece, con rito ordinario nel maggio 2012 dalla prima Corte d'Assise di Milano: lei a 10 mesi per minacce e lui a 14 anni per concorso anomalo nell'omicidio, incendio e lesioni.
La Procura di Milano, però, in secondo grado non ha fatto appello sul reato contestato alla donna, ma solo per chiedere un aumento delle pene: 11 mesi per lei e 14 anni e 5 mesi per il fratello. Impugnazione (presentata in aula dal sostituto pg Maria Vulpio) che, tra l'altro, non è stata accolta dai giudici. La Corte, invece, ha accolto il ricorso dei familiari di Massari, che in qualità di parte civile sostenevano la responsabilità nell'omicidio di Stefania Citterio, come descritta nell'imputazione originaria della Procura. Secondo le indagini, infatti, era stata proprio lei la prima ad insultare e a picchiare Massari, gridando "ti ammazzo, ti ammazzo". Poi erano intervenuti il fratello e il fidanzato. Per l'imputata e' arrivata la condanna al risarcimento per concorso anomalo in omicidio (il danno dovrà essere quantificato in una causa civile), mentre è rimasta ferma quella penale a 10 mesi per minacce. La pena per il fratello, invece, è stata limata al ribasso e portata a 13 anni.