Probabilmente in molti si staranno interrogando su quando e come tutto cominciò. Come si sia cioè arrivati all’India che vuole arrestare il nostro ambasciatore; a Cipro che tassa i conti correnti degli incolpevoli ciprioti; all’Italia che non sa come – o non vuole – pagare i fantastiliardi di debiti che ha con i privati (ma che non tollera debiti dei privati con lo Stato)…. E questo solo per citare gli ultimi accadimenti.
Quando insomma tutto quello che ci hanno insegnato a Educazione Civica nelle scuole Medie e ribadito poi nelle Università con Filosofia del Diritto e col Diritto Costituzionale, è diventato carta straccia?
La nostra cultura è stata costruita su alcuni pilastri giuridici, alcuni talmente martellati in ogni circostanza da essere diventati quasi dei proverbi. Per esempio: non è ammessa l’ignoranza della legge. Oppure: le leggi non possono essere retroattive. O ancora: la giustizia è uguale per tutti. Senza dimenticare che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”.
Fatto sta che qualcosa o qualcuno ha aperto in queste radicate convinzioni una piccola breccia che è diventata poi voragine. A infrangere il primo tabù nella notte fra il 9 e il 10 luglio 1992, fu Giuliano Amato con una stangata sui conti correnti borseggiati del 6 per mille! L’Italia gridò allo scandalo perché veniva calpestato il sacro principio della inviolabilità del risparmio. Ma Amato – grande fantasista economico – non aveva ancora finito e diede corso alla prima riforma del sistema pensionistico (violando un altro principio, quello della non retroattività delle norme): disse in sostanza che si doveva passare tutti dal retributivo al contributivo. Salvi solo – in base a cervellotici calcoli poi rivelatisi sbagliati – i lavoratori con un po’ più di 18 anni di versamenti. Gli altri, invece, tutti nel calderone, retroattivo, della stangata contributiva.
Nel '92 insomma, Amato (candidato da sempre a tutto il candidabile, non si sa perché…) tirò un paio di picconate mica da ridere alla certezza del diritto. Adesso qualcuno lo vorrebbe Presidente della Repubblica dopo Napolitano.
La breccia di Amato fu abilmente sfruttata dai governo successivi che hanno messo mano a reiterate modifiche del sistema pensionistico – da Maroni a Monti – perdendo tuttavia di vista due concetti fondamentali: che non si sarebbero dovuti toccare i diritti acquisiti e che gli istituti previdenziali sono obbligati a finanziare anche la cassa integrazione. Cosa possibile, quest’ultima, in condizioni economiche ordinarie. Ma che diventa un vero problema in caso di crisi straordinaria come quella in corso da un paio di anni. In altre parole le pensioni non sono il compito prioritario dell’INPS, la cassa integrazione sì.
Se a qualcuno venissero dei dubbi, basti pensare agli esodati. Hanno volontariamente lasciato il lavoro con l’accordo di percepire agevolazioni e pensioncina ma, scusate tanto, i soldi devono andare ai cassintegrati Fiat: siete pregati di ripassare più in là. Un capolavoro di spregio del diritto, di violazione di un accordo sottoscritto dallo Stato, avallato da un professore universitario specializzato in previdenza, Elsa Fornero ministro dell’unease, altro che welfare!
Delle violazioni del diritto internazionale fatte e subite dall’Italia, meglio stendere un velo pietoso. Dal soldato americano Lozano che uccise Calipari e mai consegnato alla nostra giustizia, alla strage del Cermis causata da 4 marines spacconi sottoposti a processo farsa negli Stati Uniti. Ma anche noi non siamo stati con le mani in mano: straordinario il gioco delle tre carte del Governo Craxi che riuscì a far espatriare Abu Abbas, uno dei terroristi palestinesi colpevoli del sequestro dell’Achille Lauro, dopo averlo sottratto al governo Usa con il blitz di Sigonella.
Questo deterioramento etico del diritto ha in definitiva aperto un’autostrada attraverso la quale può passare ogni aberrazione. Non vale più ispirarsi ai precedenti, che sono stati ormai violati sistematicamente. Non vale più rimettersi alla certezza del diritto, che basta un decreto e il diritto si disintegra. Non vale più invocare l’inflessibilità della legge, che mille cavilli e mille leggine l’hanno resa più flessibile del salice piangente. Non vale più richiamarsi al diritto internazionale che esso vale solo si si è tutti d’accordo: se qualcuno non ci sta, ha sottinteso il ministro degli esteri della Ue Lady Ashton nella querelle tra Nuova Delhi e Roma per la vicenda dei due maro, “cara Italia, son cavoli tuoi!"