Manca un anno alle elezioni presidenziali americane e stavolta Facebook non vuole arrivare impreparata e ripetere la debacle del 2016. Così il social media ha lanciato il suo piano per proteggere il processo democratico del voto da interferenze straniere e disinformazione, dichiarando guerra a fake news e falsi account. "Abbiamo la responsabilità di fermare ogni abuso e interferenza sulla nostra piattaforma", afferma il gruppo di Mark Zuckerberg.
Facebook ha dunque messo a punto protocolli di sicurezza e trasparenza che vanno dalla difesa degli account dei candidati e dei partiti alla strettissima sorveglianza della rete attraverso il lavoro di una vera e propria war room già sperimentata per le elezioni di metà mandato nel 2018 e dove sarà all'opera una task force di esperti ed analisti ancor più efficiente.
Del resto le presidenziali americane del 2020 saranno più che mai le elezioni dei social media e quello che si vuole assolutamente evitare è ripetere gli errori del passato, quando la Russia nel 2016 ha fatto di Facebook l'attore principale per seminare discordia e incertezza, scoraggiare l'affluenza alle urne e dare impulso al nazionalismo bianco.
Per questo Facebook è da anni nell'occhio del ciclone, con Zuckerberg costretto più volte a difendersi anche in Congresso. Soprattutto dopo lo scandalo di Cambridge Analytica, la società a cui sono stati affidati senza consenso i dati di decine di milioni di utenti per utilizzarli per scopi politici. I cardini del piano messo a punto nel quartier generale di Menlo Park sono la lotta alle interferenze straniere con un programma in grado di individuare i cosiddetti "bad actors" che agiscono nella rete, l'aumento della trasparenza delle pagine e della pubblicità, una severissima stretta su ogni forma di disinformazione e sui contenuti d'odio.
Questa dunque la risposta di Facebook dopo che Twitter, sempre in previsione delle elezioni americane del prossimo anno, ha deciso di risolvere il problema in maniera drastica vietando gli spot pubblicitari di carattere politico. Ma per Zuckerberg non è questa la strada giusta da seguire, perché - sostiene il fondatore di Facebook - vietare la pubblicità politica vuol dire censurare la libertà di parola e di espressione.