Marò, India: "Ambasciatore perde immunità" Italia: soluzione in base a diritto internazionale
Per la Corte Suprema indiana: Mancini ha perso le sue prerogative diplomatiche firmando l'impegno a far tornare i due militari. Udienza aggiornata al 2 aprile
Il presidente della Corte Suprema indiana, Altamas Kabir, ha sostenuto che l'ambasciatore italiano, Daniele Mancini, ha "automaticamente perso il diritto all'immunità" diplomatica quando ha presentato insieme ai marò una dichiarazione giurata. Il magistrato ha concluso dicendo di aver "perso ogni fiducia nel signor Mancini".
Il presidente della Corte ha fatto allusione, senza citarlo, al paragrafo 3 dell'art. 32 della Convenzione di Vienna secondo cui un agente diplomatico che gode dell'immunità giurisdizionale e che promuove una procedura non può invocare questa immunità. Questo, sulla base del fatto che il 9 marzo l'ambasciatore Mancini aveva volontariamente firmato, anche se precisando "come rappresentante della Repubblica italiana", una dichiarazione giurata a sostegno della richiesta italiana di permesso elettorale per i marò.
Praticamente Massimiliano Latorre e Salvatore Girone "non hanno ancora violato le nostre direttive", ha aggiunto il presidente della Corte. Kabir ha quindi affermato che "bisogna attendere il 22 marzo (giorno di scadenza del permesso concesso ai marò) per esprimersi "ascoltando anche l'opinione del governo centrale che è parte di questa vicenda".
"Nessuno può imporre restrizioni a ambasciatori" - Il difensore dei due marò italiani e dell'ambasciatore Mancini, Mukul Rohatgi, ha ricordato alla Corte suprema indiana che - in base alla Convenzione di Vienna - la persona dell'ambasciatore è inviolabile e che quindi "nessuna autorità indiana può imporre restrizioni sui suoi movimenti".
Udienza rinviata al 2 aprile - La Corte Suprema di New Dehli ha aggiornato al 2 aprile l'udienza sul caso dei marò. In aula c'era il team legale dell'ambasciata d'Italia ma non l'ambasciatore Daniele Mancini, per il quale è stato esteso il divieto di espatrio. Gli italiani sono rappresentati dall'avvocato indiano Mukul Rohatgi.
India: "Conflitto giurisdizioni va esaminato" - Effettivamente "esiste un conflitto di giurisdizioni" sulla questione dei marò che "deve essere esaminato". Lo ha detto a New Delhi il portavoce del ministero degli Esteri indiano, Syed Akbaruddin. Per il momento, ha aggiunto, "noi ci atteniamo alle direttive che ci provengono dalla Corte Suprema". Ad una domanda riguardante il fatto che l'ambasciatore Daniele Mancini, essendo anche accreditato in Nepal, potrebbe dover viaggiare in quel Paese, Akbaruddin è stato molto prudente. "Ci muoviamo in un terreno molto delicato", ha detto.
L'Ue abbandona l'Italia - L'Unione europea "non fa parte della disputa legale" tra Italia e India e "perciò non può prendere posizione nel merito degli argomenti legali riguardanti la sostanza del caso". Lo afferma in una nota un portavoce di Catherine Ashton, responsabile per la politica estera dell'Ue. L'Ue esprime tuttavia "l'incoraggiamento" a Italia e India perché trovino una "soluzione amichevole" nell'ambito del "rispetto delle regole internazionali". Per l'Unione europea, ha aggiunto, "la Convenzione di Vienna deve essere rispettata da entrambe le parti".
Farnesina: India viola convenzione di Vienna
Per l'Italia la Corte indiana ha violata la convenzione di Vienna, che tutela e garantisce l'immunità del corpo diplomatico. Roma continua a ritenere che il "caso dei suoi due fucilieri debba essere risolto secondo il diritto internazionale. In questo senso abbiamo proposto di deferire all'arbitrato o altro meccanismo giurisdizionale la soluzione del caso". E' quanto ricorda un comunicato del governo italiano diffuso dalla Farnesina. "L'Italia - si legge ancora - ribadisce la propria convinta volontà di pervenire a una soluzione della vicenda, avviando ogni utile consultazione. Ciò nello spirito delle amichevoli relazioni che desidera mantenere con l'India, nella consapevolezza dell'importanza dell'India, sia sotto il profilo bilaterale sia sul piano delle sfide e delle responsabilità globali che ci accomunano".
"Richieste italiane non ascoltate"
"La nostra richiesta alle Autorità indiane di avviare consultazioni ex art. 100 e art. 283 della Convenzione sul Diritto del Mare (UNCLOS) - si spiega nel comunicato - non ha sinora ricevuto riscontro. Tale percorso era stato indicato dalla stessa sentenza della Corte Suprema indiana del 18 gennaio e più volte in passato proposto dall'Italia. Diniego indiano abbiamo altresì registrato, nella medesima occasione, all'ulteriore nostra proposta di consultazioni tra esperti giuridici. Tale posizione da parte dell'India ha, con nostra sorpresa e rammarico, modificato lo scenario e i presupposti sulla base dei quali era stato rilasciato l'affidavit. Nelle mutate condizioni il rientro in India dei fucilieri sarebbe stato in contrasto con le nostre norme costituzionali (rispetto del giudice naturale precostituito per legge, divieto di estradizione dei propri cittadini, art. 25, 26 e 111 della Costituzione). Le nostre tempestive richieste di rogatoria per consentire i procedimenti penali aperti in Italia rimangono tuttora prive di riscontro".
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