Chimica… particolare

Un porno-incidente in università

Una figuraccia "hot" per un professore emerito

© Getty

Curioso fatto, quello capitato a un professore dell’Università di Wageningen, nei Paesi Bassi, che è stato licenziato a causa di un incidente "porno", a causa di una coda "hot", ovviamente del tutto involontaria, al termine di una serissima lezione di chimica.  

Ma vediamo cosa è accaduto esattamente.
Il professore di Chimica degli alimenti aveva tenuto la sua consueta lezione agli studenti utilizzando, come avviene sempre più di frequente, un computer portatile – il suo notebook – per illustrare meglio gli argomenti avvalendosi di esempi visivi.
Fin qui, tutto bene. Purtroppo per lui, però, dopo aver terminato la lezione, e ad aula vuota, il professore si è messo a guardare un video pornografico, sempre utilizzando il suo computer e dimenticandosi di staccare il cavo di collegamento con il proiettore.
Ancora, se vogliamo, non ci sarebbe stato niente di che, visto che nella propria vita privata ciascuno è libero di fare quello che meglio ritiene. Purtroppo per il prof, però, esiste una procedura di routine dell’Università di Wageningen che prevede la registrazione delle lezioni che, poi, vengono pubblicate sulla TV online dell’università stessa. La coda "hot" della tranquilla lezione è finita così a disposizione di tutti, come la lezione accademica stessa. 
E proprio qui che è accaduto il fattaccio: uno studente del corso che si è collegato online per visionare il video della lezione, ad un certo punto ha visto  apparire delle immagini che trattavano di tutt’altro tipo di “appetito”, e che, se proprio vogliamo parlare di chimica, si soffermavano più su feromoni e testosterone che sugli enzimi alimentari. La notizia del video pornografico, a seguito della segnalazione dello studente, ha subito fatto il giro dell’università ed è arrivata prontamente alle autorità competenti che hanno poi deliberato il licenziamento del professore ormai a un passo dalla pensione, con l'accusa, oltre che di oscenità, anche di aver utilizzato un servizio pubblico per “scopi” personali.