ACCUSA GRAVE

Alpinista lasciò morire amico,per gip è omicidio

L'Aquila, per il gip era il capocordata e non soccorse il compagno che morì dopo alcune ore di agonia in un dirupo

© Ap/Lapresse

Un alpinista esperto è stato rinviato a giudizio per omicidio colposo del compagno di scalata, morto durante un'ascensione sul Gran Sasso, un anno fa, quando sulla zona imperversava la bufera. Secondo il gip, Paolo Scimia, 33 anni, avrebbe abbandonato Massimiliano Giusti, 37 anni, scalatore inesperto, che precipitò in un dirupo, dove rimase agonizzante alcune ore fino al decesso. Per il giudice, Scimia distanziò anche l'amico invece di soccorrerlo.

Quel tragico 26 febbraio del 2012 - L'episodio risale al 26 febbraio 2012 quando Scimia accompagna Giusti in quella che sarà l'ultima scalata dell'amico. I due, secondo quanto riportato da Repubblica, salgono sul Corno Grande, nonostante condizioni atmosferiche proibitive. Arrivano sulla cima del Corno Grande dove vengono investiti in pieno dalla bufera e Giusti precipita nella "Valle dell'Inferno", mentre Scimia, che era avanti nel percorso riesce a salvarsi.

Le drammatiche telefonate della vittima - Tra le prove raccolte contro di lui ci sono le drammatiche telefonate effettuate sulla cima del Corno Grande da Giusti che chiedeva disperatamente aiuto ai familiari dicendo di essere rimasto solo, abbandonato dal compagno esperto. L'avvocato di Scimia, Ferdinando Paone, respinge l'accusa. Per il legale il suo assistito ha agito per stato di necessità e si è messo in salvo. Ognuno, in quei momenti drammatici, ha pensato a mettersi in salvo. Poi, Paone respinge il profilo della vittima tratteggiato dal pm e dal gip, dicendo che non era uno scalatore così inesperto. Il caso, comunque, è destinato a far discutere.