Dopo ore di riunioni e vertici dai toni anche drammatici, il premier Conte riassume quella che è una vera e propria guerra tra il governo e ArcelorMittal. Le richieste della multinazionale dell'acciaio non sono "sostenibili sul piano giuridico", ma il punto è che "lo scudo penale non è la causa del disimpegno dell'azienda". Per Conte l'azienda non ritiene di poter "remunerare l'investimento. Ci chiedono 5mila esuberi, non è accettabile".
Sul dossier "è scattato un allarme rosso, nessuna responsabilità sulla decisione dell'azienda può essere attribuita al governo - spiega Conte -. Non accettiamo il gioco dell'azienda e la invitiamo a rimeditare le sue iniziative. Non riteniamo accettabile che ci siano iniziative di tutela giudiziaria". Conte in una conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri, ribadisce che il governo farà "tutto quel che è necessario per rilanciare Ilva e Taranto.
Due giorni per una nuova proposta "Non lasceremo soli gli operai. Abbiamo invitato Mittal a prendersi un paio di giorni e farci una proposta per assicurare continuità livelli occupazionali, produttivi e ambientali", aggiunge il premier.
"Serve compattezza, anche da forze opposizione" "Siamo compatti e confido che anche le forze di opposizione ci seguiranno" sul dossier ex Ilva. "Qui è l'intero Paese che deve reggere l'urto di questa sfida, sarebbe deprecabile che iniziassimo a coltivare discussioni sterili su questo fronte - sottolinea Conte - . Qui dobbiamo alzare la posta in gioco, dobbiamo alzare il nostro orizzonte d'osservazione". "Questo Paese non si lascia prendere in giro. Questo è un Paese di diritto, è un Paese serio", afferma il premier. "Nessuno li ha costretti a partecipare a una gara".
"Inaccettabile qualsiasi piano di esuberi" "Per me - spiega Conte - è inaccettabile qualsiasi piano di esuberi. C'è un rischio di impresa, parliamo di un player globale attrezzatissimo, profondo conoscitore del mercato. E' inaccettabile che dopo un anno si metta in discussione il piano. E' inaccettabile la proposta che ci è stata fatta".
"Giovedì apriamo tavolo, tutto il Paese a raccolta" "Il nostro strumento al momento è la pressione del nostro sistema Paese. Faccio appello al presidente Michele Emiliano, al sindaco di Taranto, a tutti i sindacati. Verrete convocati a Roma domani pomeriggio: apriamo un tavolo di crisi. Chiameremo a raccolta l'intero Paese", annuncia Conte.
Fonti di governo descrivono lo scontro con l'azienda: "Praticamente siamo già in causa". Nell'esecutivo emerge anche un'altra considerazione: quanto conviene che l'azienda resti? Per questo, parallelamente, si stanno cercando "strade alternative". Un piano B, insomma, che non includerebbe la partecipazione di Cdp ma che potrebbe concretizzarsi con una nuova cordata. E' un'ipotesi che non riguarderebbe necessariamente Jindal o AcciaItalia.
Allo stesso tempo nel M5s filtra già una certa irritazione per la scelta di ArcelorMittal - che ha azzerato la concorrenza - e nei confronti di chi ha gestito il dossier, l'ex ministro Carlo Calenda. Il governo, insomma, passa al contrattacco ma le armi rischiano di essere spuntate. "Chiameremo tutto il Paese a raccolta", insiste Conte ribadendo il suo messaggio alla politica: è il momento della compattezza. Una compattezza che, sul decreto offerto a ArcelorMittal sullo scudo penale rischiava di mancare vista la ferma contrarietà di una parte del M5s. Tanto che, dopo tre ore e mezza di Consiglio dei ministri quel decreto non salta fuori. Ma per Conte, ora il problema non è questo.
La norma sullo scudo penale, raccontano fonti di governo, è stata di fatto messa sul tavolo nell'incontro con ArcelorMittal, così altre rassicurazioni, come il pieno sostegno a un piano che renda l'ex Ilva un "hub della transizione energetica". Tutto inutile. L'azienda vuole l'addio o un taglio draconiano della forza lavoro, che costringerebbe il governo ad intervenire sulla cassa integrazione. Con un'appendice: il governo non accetterà mai i 5mila esuberi richiesti.
Sciopero l'8 novembre - I sindacati hanno deciso di proclamare uno sciopero di 24 ore per l'8 novembre per "salvaguardare il futuro ambientale e occupazionale".