Angelo Rizzoli arrestato: crac da 30 milioni
Accusato del fallimento doloso di 4 società controllate. Sequestrati beni per 7 milioni, tra cui una residenza ai Parioli e terreni a Capalbio. Indagata anche la moglie per concorso in bancarotta
L'imprenditore Angelo Rizzoli è stato arrestato questa mattina a Roma. L'ordine di custodia cautelare è stato eseguito dalla guardia di finanza su disposizione della Procura di Roma. Rizzoli è accusato di bancarotta fraudolenta da 30 milioni di euro. Sequestrate società e immobili per un valore di 7 milioni. Anche la moglie Melania, parlamentare Pdl, risulta indagata per concorso in bancarotta. Per l'imprenditore i pm hanno chiesto il ricovero.
Fallimento con dolo - Rizzoli, amministratore unico della Rizzoli Audiodivisvi srl (oggi Tevere audiovisivi), società holding in liquidazione, è accusato di aver originato con dolo il fallimento di quattro delle società controllate: si tratta di Produzioni internazionale, Ottobre film, Delta produzioni e Nuove produzioni. Tra i beni sequestrati, ci sono anche la residenza della famiglia Rizzoli ai Parioli, composta da 21 vani, la tenuta "Ca' de dogi", diversi terreni a Capalbio (Grosseto) e alcune quote societarie.
Procura: chiesto il ricovero - Per Rizzoli la Procura di Roma ha chiesto al gip di modificare l'ordinanza di custodia cautelare in carcere in un provvedimento di ricovero provvisorio in una struttura idonea, in seguito alle condizioni di salute dell'imprenditore, sottolineate anche dai documenti medici consegnati alle Fiamme gialle.
Indagata anche la moglie - Ed è finita nel mirino dei magistrati anche Melania De Nichilo, la moglie dell'imprenditore, che è anche deputata del Pdl: la donna è indagata nella stessa inchiesta con l'accusa di concorso in bancarotta.
Indagini scattate nove mesi fa - L'operazione di oggi è l'epilogo di lunghe e complesse indagini messe in atto dal Nucleo di polizia tributaria di Roma, coordinate dalla Procura della Repubblica di Roma e avviate in seguito all'istanza di concordato preventivo presentata il 30 aprile dalla Tevere audiovisivi srl, storica casa di produzione televisiva e cinematografica costituita e diretta da Rizzoli e composta da altre società attive nello stesso settore, tutte fallite tra gennaio 2011 e marzo 2012.
Il dominus e i prestanome - Le Fiamme gialle di Roma hanno ricostruito la gestione riguardante prima le società fallite e poi la Rizzoli audiovisivi in liquidazione, accertando così che Rizzoli era il "dominus" assoluto di tutta l'operazione, mentre gli amministratori di diritto delle stesse società si limitavano a svolgere una funzione di prestanome: non avevano infatti nessun potere decisionale e da Rizzoli percepivano per il loro ruolo saltuarie remunerazioni, mentre era l'imprenditore a incamerare gli utili. Dal 2004 al 2011 è stato Rizzoli a prelevare dalle casse della Audiovisivi, soltanto a titolo di compenso di amministratore, oltre 6 milioni di euro, in controtendenza rispetto all'andamento della società e al progressivo aumento dell'esposizione debitoria.
L'architettura del piano - Rizzoli utilizzava in pratica le società controllate, poi dichiarate fallite, per la produzione in subappalto dalla controllante Rizzoli audiovisivi di prodotti cinematografici e televisivi, i cui proventi venivano poi incamerati interamente dalla controllante stessa. Quest’ultima non pagava le fatture delle controllate operative, rendendo le stesse non in grado di far fronte ai debiti assunti nei confronti dei propri fornitori e soprattutto dell’Erario (per oltre 14,5 milioni di euro) e degli istituti previdenziali (Insp ed Enpals), per oltre 6 milioni di euro. Ecco dunque l’istanza di fallimento presentata dall’Agente della riscossione Equitalia.
Tra le produzioni televisive realizzate dalle società poi fallite si citano alcune note fiction tv come "Capri", "Il generale Della Rovere", "Ferrari", "Cuore", "Marceinelle" e anche l'opera cinematografica "Si può fare".
Dalle indagini risulta che Rizzoli avrebbe fatto fallire le società del suo gruppo non per salvaguardare l’equilibrio patrimoniale della holding (anch’essa in stato di insolvenza), ma per il profitto personale suo e della sua famiglia. A prescindere dai risultati economici dell’attività produttiva, infatti, le risorse economiche della Rizzoli audiovivi sono state sistematicamente distratte e dissipate negli anni per costituire un notevole patrimonio immobiliare (oggi sottoposto a sequestro), concentrato in un’altra società partecipata, la Gedia srl, quest’ultima amministrata dalla moglie di Rizzoli. Quest'ultima società ha usufruito di continui finanziamenti – per oltre 6,7 milioni di euro - provenienti dalla Rizzoli audiovivi, per sostenere le spese per acquisire, ristrutturare, gestire e mantenere gli immobili che fanno capo ai coniugi, tra cui la residenza ai Parioli e la tenuta di Capalbio.
In seguito, con un atto di scissione, la Gedia, una vera e propria cassaforte di famiglia, era uscita dal gruppo Rizzoli in modo da sottrarre ai creditori in sede di concordato il patrimonio immobiliare, che avrebbe potuto garantire l'ingente buco del gruppo, pari ad oltre 30 milioni di euro.
Con l'esecuzione del provvedimento contro Rizzoli, le Fiamme gialle hanno eseguito nei confronti di Rizzoli e della moglie un decreto di sequestro preventivo di tutti i beni della famiglia, che consistono nelle quote del capitale sociale della Gedia, in 7 immobili e in diversi terreni dell'Argentario.
SU TGCOM24