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Nannini: "Mia figlia cambierà il mondo"

Gianna presenta a Tgcom24 il cd "Inno" tra amore, dolore e presenta il brano di Mengoni

Ufficio stampa

Un "Inno" al dolore ma anche alla consapevolezza che l'amore non è eterno, un ricordo affettuoso a un grande amico che non c'è più ("Danny"), spazio alla collaborazione con Tiziano Ferro ("Nostrastoria") e un messaggio affettuoso alla figlia Penelope "Ninna Nein". Gianna Nannini è tornata con "Inno" piena di grinta e fiducia per il futuro come rivela a Tgcom24: "Ho messo al mondo Penelope per cambiarlo, questo mondo. Non sono preoccupata".

"Nostrastoria" è firmato anche da Tiziano Ferro, come vi siete conosciuti?
Io e Tiziano ci siamo incontrati qualche volta, anche se non lo conosco bene, non siamo propriamente amici. Per "Nostrastoria” è stato Tiziano a propormi un testo ed io poi gli ho presentato una musica, secondo me adatta.

Questa canzone parla di un amore, indelebile, infinito. Come vi siete confrontati su questo tema?

Per il testo di questa canzone ho lasciato a Tiziano carta bianca, perché già ero occupata a scrivere gli altri testi del mio disco, e poi soprattutto perché volevo lasciare la libertà a un autore del suo calibro, che stimo tantissimo e che mi piace davvero molto, per scrivere tutto ciò che voleva.

Uno dei brani più intensi è "Danny" che inizia con "due occhi brasiliani perduti a Marrakesh". Chi è Danny?

Danny è un mio carissimo amico che è morto qualche anno fa, un compagno di vita, di giochi e di trasgressioni. Mi ha ispirato, questa canzone l’ho proprio dedicata a lui. Perché amava molto Pablo Neruda, ne aveva ripreso la filosofia di vita e, quando non ha più potuto applicarla a se stesso, è morto, a causa di un infarto.

In "Ninna Nein" canti "sei stata grande ho tutto da imparare se penso che ci sei non vorrei morire". Parole forti e d'amore di una mamma. La cosa che hai imparato e che più ti stupisce di Penelope?
Ciò che mi stupisce di mia figlia, e quello che ho imparato da lei, è che le 'ninne nanne' è lei a volerle cantare, da sola: ha una sua personalità, dei suoi gusti, che è bravissima a rendere espliciti.

Non temi visti i tempi che corrono che Penelope si possa ritrovare in una società peggiore di quella odierna? Che consigli le darai per "sopravvivere" o "cambiare" qualcosa?
Non avrei messo al mondo mia figlia se pensassi che si potrebbe trovare in una società peggiore rispetto a quella di oggi. Io ho messo al mondo Penelope per cambiarlo, questo mondo, non sono preoccupata.

Nell'album citi una frase da Ivan Illich: “Tra un uomo che prega e dio c'è una gran distanza”. Pensi sia veramente così?
Parla della speranza, che è l’ultimo baluardo al quale attaccarsi: per questo la beneficenza sfrutta la speranza dei popoli. Ormai la speranza è diventata quasi una “merce” che è possibile acquistare, ed è per questo tra l’uomo e dio c’è una grande differenza. E' ovviamente un concetto molto laico di dio. Proprio come dice Elsa Morante nella canzone degli “Infelici Molti e dei Felici Pochi”: gli “infelici molti” sono le persone che sono subordinate a coloro che stanno, per esempio, al governo, dai quali sono sfruttati. I “felici pochi”, invece, sono i poveri, che in realtà, prima dell’avvento della globalizzazione, non stavano così male: ora sono dei bisognosi, e questa “distanza” è quella che li ha fatti diventare tali.

Analizzando le canzoni c'è tantissimo amore: quello che ritorna potente (“Tornerai”, “Nostrastoria”, “Scegli me”) e quello che finisce con retrogusto amaro ("Lasciami stare", "Indimenticabile"). E' stata una scelta voluta declinare l'amore in tutti gli aspetti, come fosse un "Inno"?
Più che all'amore, si può parlare di un inno al dolore: difatti, se non c’è dolore non c’è rinascita. Nel mio album ogni canzone rappresenta un inno a sé stante, e racchiude in sé una filosofia del vivere, una vera storia d'amore della quale si conosce già l'esito. In questo amore si ha la consapevolezza che forse non c’è una verità, perché l’amore nasce, muore, finisce, non è possibile trovare in esso l'eternità. Però, nel momento in cui lo provi, quel momento allora diventa eterno, e per questo è facile parlare di eternità. Quando un rapporto tra due persone finisce non si ha più un rapporto viscerale con la canzone d’amore, ma si ha invece uno sguardo distaccato che porta in sé una grande consapevolezza, data forse dalla maturità.

Hai scritto per Marco Mengoni "Bellissimo" che sarà in gara a Sanremo, che ne pensi di lui?
Penso che Marco canti benissimo la mia canzone. Mi fa piacere il fatto di avere dato proprio a lui il mio pezzo perché gli dà una sfumatura in più, che gli aggiunge qualcosa. In Italia esistono tanti cantanti ed ognuno interpreta le canzoni a proprio modo: anche Marco ha in sé tante influenze diverse, ma ha soprattutto una caratteristica vocale rara in Italia, che hanno solo alcuni cantanti della Sardegna e del sud Italia, la cui voce è in grado di raggiungere dei picchi di altezza che nessuno ha. A me la sua voce piace molto allo stato naturale, piuttosto che quando fa dei virtuosismi, e questa in particolare è una canzone lineare, la ritengo molto adatta a lui.

Pensi anche di scrivere per qualche altra cantante, ad esempio Emma Marrone?
Sì, mi piacerebbe: è proprio un periodo nel quale sto cercando di mettere a disposizione la mia esperienza e le fortunate produzioni con geni come Wil Malone e Alan Moulder, dei nuovi talenti,magari già scritturati, in modo da aiutarli a trovare una loro strada, un loro sound, attraverso le canzoni che gli scriviamo. Sono più contenta che un mio pezzo vada ad un altro, piuttosto che a me: alla fine io scrivo sempre per me stessa.

Stai già mettendo giù qualche idea per il tour, cosa dovranno aspettarsi i tuoi fan?
Questo tour comprenderà una band capace di unire l’anima mitteleuropea del bassista a quella soul-rock del batterista. Sono entusiasta di portare in giro per l’Italia questo nuovo suono di chitarra e archi, che fonda una sorta di nuovo stile sonoro, irripetibile e unico, disegnato sulla mia voce e operato da Wil Malone.

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