le conseguenze delle minori nascite

Culle vuote, aziende chiuse: il crollo demografico ha cancellato 3.300 imprese per l'infanzia

In dieci anni è sparito il 15,7% delle società specializzate in prodotti per bambini. Il settore giocattoli perde un terzo delle imprese, carrozzine e passeggini dimezzati. Gli addetti calano del 6,7%, mentre il bacino di potenziali consumatori si riduce di 1,2 milioni di under 10

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L'inverno demografico italiano sta congelando interi comparti produttivi. Tra i più colpiti, quello dei prodotti per l'infanzia registra una vera e propria emorragia: in dieci anni sono scomparse 3.300 imprese, con perdite che nel manifatturiero toccano punte del 33%. Un tracollo che rispecchia fedelmente l'andamento delle nascite e ridisegna la geografia economica del Paese.

I numeri di una crisi -

  I dati estratti da Infocamere-Unioncamere dalla banca dati Movimprese e dall'archivio Inps fotografano una situazione allarmante. Al 31 dicembre 2024 risultavano attive 17.626 imprese nei principali settori dell'economia dell'infanzia, il 15,7% in meno rispetto al 2014. Ma è nel manifatturiero specializzato che il colpo si fa devastante: le aziende che producono giocattoli, carrozzine e passeggini sono crollate a 1.052 unità, con una contrazione del 32,7% in un decennio.

Il settore giocattoli racconta da solo l'ampiezza del fenomeno. Nel 2014 operavano in Italia 3.163 società con oltre 4.200 addetti. Oggi ne sopravvivono appena 1.028 con 1.500 dipendenti. La Lombardia è passata da 602 a 283 imprese attive, l'Emilia Romagna da 420 a 103. 

Ancora più drammatico il comparto carrozzine e passeggini: dalle 59 aziende del 2014 con più di mille occupati si è scesi a 24 realtà con meno di 700 addetti. Tra queste figurano marchi storici del made in Italy che oggi lottano per la sopravvivenza, stretti tra il calo della domanda interna e la pressione della concorrenza cinese, diventata insostenibile dopo l'introduzione dei dazi americani. Nel complesso, gli occupati nel settore sono scesi a 30.477 unità, il 6,7% in meno rispetto a dieci anni fa, con una flessione ancora più marcata nel manifatturiero (-26,4%).

Un mercato sempre più piccolo -

  Dietro questi numeri c'è una realtà demografica impietosa. Al primo gennaio 2025 i potenziali consumatori tra 0 e 10 anni erano 4,84 milioni. Dieci anni prima erano 6,05 milioni. Significa che il mercato di riferimento si è ristretto di oltre 1,21 milioni di bambini (-20%), con un crollo particolarmente accentuato tra i neonati: -25,5% per gli under 1.

"Fenomeni strutturali come quello delle culle vuote producono effetti che attraversano l'intero sistema economico", ha spiegato Antonio Santocono, presidente di Infocamere al "Sole 24 Ore". "Nel comparto dell'infanzia questi impatti si sovrappongono ad altre trasformazioni profonde, dallo sviluppo del commercio online alla crescita delle piattaforme di rivendita tra privati".

Consumi in picchiata -

 La contrazione demografica si traduce direttamente in riduzione degli acquisti. Nel 2024 gli italiani hanno speso 111,6 miliardi di euro per prodotti non alimentari, registrando un aumento complessivo dello 0,6% rispetto al 2023. Ma due comparti vanno in controtendenza negativa: cancelleria (-2,9%) e giocattoli (-3,4%), secondo i dati dell'Osservatorio Non Food di GS1 Italy.

Qualche spiraglio arriva dalle vendite delle ultime settimane prima di Natale, che fanno sperare in una chiusura meno negativa del 2025. Assogiocattoli segnala una crescita del 6,8% nei primi sei mesi dell'anno rispetto allo stesso periodo del 2024.

Moda junior in affanno -

 Anche l'abbigliamento per bambini paga il prezzo della denatalità. Il kidswear italiano (0-14 anni, intimo e accessori inclusi) ha chiuso il 2024 con un fatturato di 3,1 miliardi di euro, in calo del 4,4% secondo le stime dell'ufficio studi economici di Confindustria Moda. Il valore della produzione segna -4,8%, mentre i consumi nazionali flettono dell'1,5%. Il confronto con il 2019 evidenzia un gap del 5,5%.

Sul fronte della distribuzione, nell'ultimo decennio sono spariti 1.032 negozi di abbigliamento per bambini e neonati, a cui si aggiungono 1.751 punti vendita di giochi e giocattoli chiusi definitivamente.

L'eccezione Campania -

 In questo quadro desolante, un'anomalia spicca a livello territoriale. Mentre l'Italia invecchia inesorabilmente - con un'età media di 46,9 anni e solo l'11,9% della popolazione sotto i 14 anni - la Campania resiste come regione più giovane del Paese. L'età media campana si ferma a 44,5 anni, inferiore persino alla media europea (44,7 anni).

Il divario con la Liguria, regione più anziana d'Italia con 49,6 anni di età media, supera i cinque anni. L'indice di vecchiaia conferma il primato: in Campania ci sono 161 anziani ogni 100 bambini, contro i 283 della Liguria.

La resistenza demografica campana non dipende da condizioni economiche favorevoli - la regione è stabilmente in fondo alle classifiche per servizi all'infanzia e redditi - ma da un mix di fattori: l'inerzia demografica di una struttura storicamente più giovane, una maggiore propensione alla maternità precoce (il 65% delle madri adolescenti si trova nel Mezzogiorno) e la persistenza di valori familiari tradizionali che fungono da rete di protezione alternativa al welfare pubblico.

Come osserva il demografo Alessandro Rosina, al Sud "la transizione verso l'autonomia è più lenta anche per fattori culturali legati a un modello di solidarietà e obblighi intergenerazionali che, se da un lato ritarda l'uscita di casa, dall'altro mantiene viva l'importanza del nucleo familiare esteso".

Un modello che però, da solo, non basta più a invertire una tendenza nazionale che nel 2024 ha toccato un nuovo minimo storico: appena 369.944 nati, il dato più basso dall'Unità d'Italia. Con un tasso di fecondità sceso a 1,18 figli per donna (dall'1,20 del 2023), l'Italia continua a perdere terreno, trascinando con sé interi settori produttivi legati all'infanzia.