Gioele ha 13 mesi e vive bloccato in un lettino d’ospedale. Non riesce a stare in piedi, a parlare, a mangiare da solo e nemmeno a respirare. Comunica con mamma e papà soltanto con i suoi enormi occhioni. Da quando è nato lotta con un nemico più grande di lui e spietato, l’atrofia spinale muscolare, la Sma1. Dopo la diagnosi, i medici gli hanno dato pochi mesi di vita. Adesso però, il bambino di Marsala e i suoi genitori hanno una speranza, il trapianto di cellule staminali mesenchimali.
Oggi Gioele è stato trasferito dall’Ospedale pediatrico Giovanni Di Cristina di Palermo agli Spedali Civili di Brescia a bordo di un volo della Protezione Civile. E’ diventata infatti, operativa l’ordinanza del Tribunale di Marsala che obbliga la struttura ospedaliera lombarda a prendere in cura il bambino.
Nel quadro delle cure compassionevoli, previste dal decreto ministeriale Turco-Fazio, il giudice del lavoro ha riconosciuto "il diritto alla salute e alla vita individuale" nonché "il diritto all'autodeterminazione individuale" del piccolo paziente e "ordina al legale rappresentante e al responsabile sanitario dell'azienda ospedaliera Spedali Civili di Brescia di procedere immediatamente e senza alcun altro indugio alla presa in carico del piccolo Gioele e di procedere alla somministrazione nei confronti dello stesso di cellule eventualmente prelevate anche da altri pazienti e prodotti secondo la metodologia di 'stamina'".
L’ordinanza del Tribunale si riferisce al metodo praticato in Italia dal professor Davide Vannoni, presidente della onlus Stamina Foundation, l’associazione che è al centro dal 2007 di una inchiesta giudiziaria della Procura di Torino che ha finora impedito a Gioele di accedere a questo trattamento sperimentale. Papà Rosario e mamma Katia doneranno un po’ del loro midollo spinale e quello che risulterà più compatibile, verrà lavorato in laboratorio e inserito nel midollo del bimbo.
“E’ vero – racconta a Tgcom24 Rosario Genova, papà di Gioele – non ci sono ancora prove scientifiche definitive sulla bontà del metodo del professor Vannoni, ma per me vale come un trattato di mille pagine il caso della piccola Celeste Carrer di Venezia. Affetta dalla stessa patologia che tormenta Gioele, dopo cinque sedute di staminali la bambina, prima paralizzata al 100%, è riuscita a stare seduta, a parlare, a respirare senza macchine. Forse Gioele non guarirà ma almeno avremo provato ad alleviare la sua sofferenza e a migliorare il suo tenore di vita”.
Spera Rosario, ma non si illude, anche se è stato proprio lui a lottare perché Gioele potesse ottenere l’unica cura al momento disponibile per un caso grave come quello di Gioele. Sono centinaia le mail, le raccomandate, le telefonate che da padre disperato ha inviato a ospedali, medici, genitori in condizioni analoghe. “Tanti mi hanno sbattuto il telefono in faccia, altri mi hanno persino detto chiaro e tondo di non volere fare di più per il mio caso. Ma non è questo che mi fa male. E’ assurdo che nel nostro Paese per poterti curare devi passare dal tribunale, minacciare denunce, pagare gli avvocati, sperare di trovare un giudice sensibile”.
Cosa sta dietro questo muro di burocrazia e insensibilità? “Ho il sospetto – conclude con amarezza Rosario – che le case farmaceutiche temano un decollo delle terapie a base di staminali. Tante malattie oggi quasi incurabili potrebbero scomparire e tante medicine, quindi non servire più”.