Volto del cinema d'autore

Dal Frankenstein di Warhol ai mondi di Dario Argento e von Trier: addio a Udo Kier

L’attore tedesco, scomparso a 81 anni, ha attraversato mezzo secolo di cinema incarnando una visione radicale e libera dell'arte

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È morto all'età di 81 anni l'attore tedesco Udo Kier, figura iconica del cinema d'autore europeo e al contempo interprete di cult di genere. Con oltre duecento film alle spalle, dal cinema di culto prodotto da Andy Warhol negli anni 70 e poi con Lars von Trier, passando per Dario Argento e alcuni successi hollywoodiani, l'attore tedesco lascia un'eredità fatta di libertà artistica e curiosità. Un attore che ha attraversato il cinema come un viaggiatore instancabile, portando con sé un'idea di arte come esplorazione e di bellezza come inquietudine. .

Udo Kier non era un attore qualunque. Era un volto che non si dimentica, capace di trasformare ogni sguardo in inquietudine e ogni silenzio in racconto. Nato a Colonia il 14 ottobre 1944, la sua vita iniziò nel dramma: l'ospedale in cui venne alla luce fu bombardato e lui e sua madre furono estratti dalle macerie. Forse da lì nacque quella sua aura sospesa tra la vita e la morte, che avrebbe segnato tutta la sua carriera.

Le origini e l'incontro con il cinema -

 Da giovane si trasferì a Londra per studiare inglese e cominciò quasi per caso a recitare. Gli anni Sessanta e Settanta furono il suo laboratorio creativo: un cinema libero, trasgressivo, dove il suo volto androgino e magnetico trovò spazio naturale. Il suo primo grande riconoscimento arrivò grazie a due film prodotti da Andy Warhol e diretti da Paul Morrissey: "Il mostro è in tavola... barone Frankenstein"(1973) e "Dracula cearca sangue di vergine... e morì di sete!!!" (1974). Pellicole volutamente eccessive, visionarie, in cui Kier diede corpo a un barone e a un vampiro decadente, simboli di un'Europa inquieta e sedotta dall'eccesso. In quegli anni diventò un'icona del cinema underground e d'autore, amato da registi e artisti per la sua capacità di rendere credibili anche i personaggi più estremi.

I film di culto prodotti da Andy Warhol -

 In "Il mostro è in tavola... barone Frankenstein", Kier interpretava un dottore ossessionato dalla creazione della vita, in un film che mescolava horror, erotismo e ironia nera. L'anno successivo, in "Dracula cearca sangue di vergine... e morì di sete!!!", il suo conte assetato di sangue vergine divenne un simbolo di decadenza e malinconia. Entrambi i film, girati in Italia, fecero scandalo e conquistarono lo status di cult. Kier, con la sua recitazione intensa e surreale, divenne un volto riconoscibile nel panorama internazionale.

Il rapporto con Dario Argento -

 Tra le collaborazioni italiane più significative di Udo Kier c'è anche quella con Dario Argento, maestro dell'horror e del thriller. Kier partecipò a "Suspiria" (1977), interpretando il dottor Frank Mandel, e tornò a lavorare con il regista romano in "La sindrome di Stendhal" (1996) e ne "La terza madre" (2007), ultimo capitolo della trilogia delle Tre Madri. In questi film seppe fondere rigore e mistero, diventando un elemento essenziale dell'atmosfera onirica e inquietante tipica del regista romano. La sua presenza, elegante e ambigua, contribuì a definire l'estetica del cinema argentiano, dove la paura convive con la fascinazione visiva.

L'intesa artistica con Lars von Trier -

 Negli anni Novanta la sua carriera trovò una nuova linfa con il regista danese Lars von Trier, che lo scelse per "Europa" (1991), "Le onde del destino" (1996), "Dogville" (2003) e "Melancholia" (2011). In ognuno di questi film, Kier seppe incarnare personaggi ai margini, enigmatici, spesso specchio delle contraddizioni umane. Con von Trier nacque un sodalizio profondo: il regista trovò in lui un interprete perfetto per i suoi mondi sospesi tra realtà e visione, dolore e ironia.

Un attore tra horror e poesia -

 Oltre a Warhol, von Trier e Argento, Kier collaborò con registi come Rainer Werner Fassbinder, Gus Van Sant e Werner Herzog. Apparve anche in produzioni hollywoodiane come "Blade", "Johnny Mnemonic" e "Ace Ventura - L'acchiappanimali", senza mai perdere il gusto per la sperimentazione. In ogni ruolo, piccolo o grande, portava con sé la sua presenza inconfondibile: quella di un attore libero, capace di passare dall'horror alla poesia, dal dramma al surreale con naturalezza assoluta.

L'eredità di un volto unico -

 Nel 2019 ricevette il premio come miglior attore al Festival di Karlovy Vary per Swan Song, film che raccontava la storia di un parrucchiere gay costretto a confrontarsi con il passato. Un ruolo che sembrava cucito su di lui: ironico, malinconico, vitale. Era l'ennesima dimostrazione della sua capacità di reinventarsi, di non appartenere mai del tutto a un genere o a un tempo.