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Processo fermo per colpa del dialetto calabrese

Al tribunale di Torino mancano ancora le traduzioni delle intercettazioni telefoniche tra boss e affiliati dell' 'ndrangheta

Ansa

Altro che messaggi in codice. Il problema di decifrare i messaggi della 'ndrangheta riguarda il dialetto calabrese. O meglio, le sue infinite varianti. Le mille sfaccettature della lingua stanno creando molti grattacapi agli inquirenti del processo Minotauro, nato dall'inchiesta sulle infiltrazioni della 'ndrangheta in Piemonte.

Le udienze stanno entrando nel vivo in questi giorni nell'aula bunker di Torino, ma mancano ancora alcune traduzioni delle numerose intercettazioni telefoniche e ambientali (in tutto più di mille) che formano la base dell'accusa. La maggior parte dei discorsi tra boss e affiliati è in dialetto "stretto". "A rendere difficile il lavoro dei periti nominati dal Tribunale", spiega un legale della difesa, "è il fatto che non si tratta di un dialetto solo, ma di più varietà. Che cambia a seconda della città di origine delle persone intercettate".

Ci vorranno ancora settimane, mesi, forse addirittura un anno, prima che l'operazione sia terminata. Ma la Procura e gli avvocati non sono preoccupati. Nonostante le proroghe causate dalle traduzioni, "tutto filerà liscio". E si garantisce che il processo si chiuderà prima della decorrenza dei termini che rischia di far tornare in libertà molti imputati.

Un'intercettazione telefonica in dialetto calabrese (non si riferisce al processo in corso)

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