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Chef Giacomello: l’arte della cucina nel cuore 

Studio, sperimentazione e intervento sulla materia prima: insoliti accostamenti tendendo sempre verso l’innovazione 

Chef Terry Giacomello

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 Chef Terry Giacomello    -   Foto Stefano Borghesi 
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Ha talento, creatività e genialità. Ha girato il mondo e lo porta nella sua cucina. Classe 1969, friulano doc, Terry Giacomello muove i suoi primi passi tra i fornelli a 13 anni, nella storica locanda di famiglia, sotto lo sguardo di mamma Wanda, da cui apprende i segreti di una cucina semplice ma gustosa. Seguono poi gli studi alla scuola alberghiera di Longarone, le stagioni estive e le prime esperienze professionali.

Spinto dalla curiosità di imparare nuove tecniche dai grandi maestri dell’alta cucina, bussa alla porta di alcune delle più importanti cucine del mondo, dove viene subito accolto e integrato. In Francia da Marc Veyrat e Michel Bras, in Brasile al Dom di Alex Atala e Helena Rizzo, in Danimarca al Noma di René Redzepi, e in Spagna, prima al Mugaritz di Andoni Luis Aduriz, poi da quello che lui considera il suo maestro per eccellenza, Ferran Adrià di El Bulli.

Sarà proprio la Spagna a rivoluzionare completamente il suo modo di pensare la cucina, spingendolo a studiare, a sperimentare, e a modificare la materia prima per creare piccoli capolavori gastronomici. Gli ingredienti diventano fondamentali, e così la ricerca di nuovi e insoliti accostamenti.

Dopo le esperienze con i mostri sacri della cucina internazionale, Giacomello torna in Italia, a Milano, alla corte di Sergio Mei e del Four Seasons. Fino al 2015, quando approda ad Inkiostro (a Parma), dove, dopo soli quattro mesi, riceve la stella Michelin.


Rapido, inquieto, sempre alla ricerca di qualcosa che lo stimoli e che gli permetta di trovare un dialogo con chi si approccia alla sua cucina, si diverte a stupire e ci riesce.

La sua cucina? Costantemente e scientificamente tesa verso l’innovazione, che abbraccia il territorio con i suoi prodotti tipici (sfruttati al massimo), che segue il principio della stagionalità. E che contempla piatti che richiedono anche fino a 18 giorni di preparazione, tra disidratazioni, emulsioni, sotto vuoti, gelificazioni, abbattimenti e spumantizzazioni. Vibrazioni 2.7 è il suo nuovo (e quarto) menu degustazione, il più spinto di sempre, come lui stesso ha definito. Per stupire più che mai e uscire dalla banalità. Tra giapponismo e “sesto quarto”.

Ecco l‘intervista in cui lo chef si racconta al Tgcom24.

Qual è la prima cosa che fai la mattina quando ti alzi?
Faccio una doccia e inizio a pensare a come realizzare le cose che ho pensato durante la notte

Quando inizia la tua giornata tipo e quando finisce?
La mattina alle 8 e finisce verso l’una di notte.

Un ingrediente di cui non puoi fare a meno?
Il sale e il tempo

Qual è il primo piatto che ti ricordi di aver cucinato?
Le lasagne, a quattro anni, con mia mamma. Pulire la teglia poi, era la cosa più buona.

E quale ha avuto più successo?
Dipende. Ogni ristorante dove ho lavorato è stato segnato da un piatto: Medusa, i tagliolini, il piccione.

Descrivi la tua cucina in tre aggettivi.
Impegno, emozione, stupore.

Se fossi un film, che film saresti?
Tanti. Ma uno che mi ha fatto molto divertire, anche se sembrerà scontato, è Soul kitchen, una
commedia divertente che tocca i temi della vita, con protagonista un cuoco.

Se fossi una canzone, che canzone saresti?
Più che una canzone, mi piace la musica spagnola. Il flamenco, in particolar modo, per il suo ritmo e la sua passione.

Qual è il giudice che temi di più?
Ho imparato a non farmi toccare più dai giudizi, quindi oggi lascio scorrere, perché ognuno ha una
percezione del cibo del tutto personale.

Qual è il tuo ristorante preferito?
Ne ho tre: El Bulli di Ferran Adrià, il Mugaritz di Andoni Luis Aduriz e il Noma di René Redzepi: ristoranti dove ho avuto la fortuna di lavorare.

Qual è un tuo difetto?
La testardaggine

E un tuo pregio?
L’umiltà, mi dicono.

Cosa avresti fatto se non avessi fatto il cuoco?
Il cuoco

La ricetta dello chef:    Tagliolini al bianco d'uovo, tartufo ed il suo tuorlo con fonduta di parmigiano

Per i tagliolini - 250 gr albume - 350 gr acqua - 50 gr gelatina in polvere - 5 gr sale Maldon
Per la fonduta di parmigiano - 150 ml latte - 70 gr parmigiano - 14 gr maizena - 30 gr caviale di tartufo nero  - 12 foglie di timo fresco  - 30 gr tuorlo d'uovo pastorizzato 
Procedimento   Frullare al thermomix acqua e gelatina, portando il composto a 100 gradi. Cuocere l’albume a vapore in sottovuoto per 11 minuti. Aggiungere l’albume nel thermomix e frullare alla massima velocità. Mettere il composto in teglie piatte assicurandosi che lo spessore sia fino e le teglie leggermente tiepide, altrimenti si rapprenderà. Mettere in frigo. Passare poi un filo di olio in modo tale che non si attacchino. Tagliare il composto in rettangoli, arrotolarli e tagliarli come tagliolini. Arrotolarli nella pinza e adagiarli nel piatto fondo. Disporre il caviale di tartufo sopra. Per la fonduta: portare al bollore il latte e la maizena nel thermomix, poi aggiungere il parmigiano e passare al setaccio.
Al momento di servire il piatto, riscaldare la fonduta attorno al tagliolino, e terminare poi con un filo di rosso d'uovo e del sale Maldon in cima al caviale di tartufo.

Di Indira Fassioni 

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