televisione

Castellitto diventa "Ferrari" in tv

Protagonista della fiction di Canale 5

La vita di Enzo Ferrari diventa un film per la tv in due puntate, dal titolo Ferrari, che Canale 5 manderà in onda in prima serata domenica 16 e martedì 18 febbraio. La miniserie, interpretata da Sergio Castellitto e diretta da Carlo Carlei, racconta la storia di un uomo di successi e di ombre. Lo spunto di partenza è un'intervista concessa da Ferrari a un giornalista con cui comincia un lungo viaggio a ritroso negli anni.

Un'intervista, dunque, che assume presto i toni di una confessione morale e filosofica da parte di un uomo che dalla vita ha ottenuto tutto, ma a costo di grandi sofferenze. Si sfoglia così l'album dei ricordi ripercorrendo i momenti più importanti della carriera di Ferrari che da piccolo sognava di diventare pilota e che poi è riuscito a creare il mito del cavallino rampante. Al film, girato in dodici settimane tra Bologna, Modena, Ferrara e Roma, hanno partecipato anche Cristina Moglia, Pierfrancesco Favino, Ed Stoppard, Jessica Brooks e molti altri.

"Dopo tante richieste per fare un film sulla storia di mio padre, dopo aver fatto molte resistenze, questa volta ho accettato", racconta Piero Ferrari. "Ho accettato con la consapevolezza che si potesse fare una bella storia, una storia che ricordasse bene mio padre e anche un pezzo di storia d’Italia. Si tratta di un’operazione seria in cui si racconta la vita appassionante di un uomo e non la storia dell’automobilismo.  Una storia che non vuole essere un documentario ma, con alcune licenze televisive, cerca di cogliere lo spirito positivo di mio padre che, con i suoi novant’anni di vita, a buon diritto può essere definito un protagonista del Novecento. Il film rievoca anche momenti difficili, duri come la scomparsa di Dino", conclude Ferrari Jr. "Inutile cancellare le fasi dolorose della vita, meglio raccontarle nel modo giusto".

"Se penso ad Enzo Ferrari penso ai suoi occhiali scuri, a quello sguardo bruno con cui decise di guardare e farsi guardare dal mondo", aggiunge Castellitto. "Un vetro scuro che modificava tutto ciò che lo circondava: il rosso delle sue macchine, i piloti, le donne, i suoi figli. Ma anche l’abbaglio della gloria e la polvere dell’insuccesso. Ecco, se penso ad Enzo Ferrari penso a quel vetro che lo protesse ma gli impose una solitudine che solo gli uomini di grande carattere sono in grado di sopportare. Quando si muore ci si toglie gli occhiali e in quel margine di luce che resta si dice finalmente la verità. Credo che Enzo Ferrari, la verità se la sia sempre detta, con o senza occhiali, con o senza le sue macchine, con o senza i suoi figli".

"Ci sono due momenti che mi vengono in mente quando penso alle motivazioni che mi hanno spinto a fare un film su Enzo Ferrari", spiega il regista Carlei. "Il primo risale al 1968 quando vidi il volto di mio padre affacciarsi sorridente dal finestrino di una Fiat 124 Sport prestatagli da un amico. Salii a fare un giro con lui e mi ricordo che gli chiedevo di andare più veloce, sempre più veloce. A mio padre piacevano le macchine e in quel pomeriggio di primavera fu felice di accontentarmi. Per la prima volta provai l’ebbrezza della velocità ed è il ricordo di questa sensazione pericolosa ma esaltante che mi ha permesso di comprendere meglio il personaggio di cui mi accingevo a raccontare la vita. Il secondo momento", continua Carlei, "molto più recente, è legato all’estate del 2001, quando andai a vedere la mostra sul Futurismo che si teneva a Roma. In quel periodo, come mi accade sempre quando lavoro a un nuovo progetto, ero continuamente alla ricerca di spunti, informazioni e materiali che mi  consentissero di  elaborare una visione originale e del tutto personale del film che stavo per iniziare. Nel caso di una biografia sulla vita di un uomo così complesso e discusso come Ferrari, non volevo cedere infatti né alle facili mitologie né ai giudizi spesso manichei che pesavano su di lui. Così, immerso in questi pensieri, passavo da una sala all'altra del museo guardando le opere d'arte esposte che si susseguivano in progressione cronologica".

"Dalle sculture di Boccioni ai quadri di Balla, dalle visioni di vertigine di Sant'Elia alle creazioni di Depero si veniva a creare la percezione eccitante di un movimento perenne, di un dinamismo di forme in continua  trasformazione.  I primi quadri con automobili, motociclette, treni, aeroplani.  Macchine mirabolanti lanciate in una corsa che non poteva essere bloccata nei limiti fisici dello spazio pittorico a disposizione ma che diventava dinamica pura, segmentata e moltiplicata esponenzialmente, quasi una rappresentazione geometrica idealizzata della velocità. Quelle opere raccontavano qualcosa che era cominciato già anni prima e sotto la cui influenza si era aperto il nuovo secolo: la curiosità e la crescente passione per l’inarrestabile progresso scientifico e tecnologico che avrebbe fatto del Novecento il secolo più veloce. Ecco. Immaginavo un Enzo Ferrari bambino, gli occhi spalancati, lo stupore che si allarga sul viso. Le prime corse automobilistiche, l'arrivo dei piloti, il volto bruciato, i vestiti che parlano di avventura  e di imprese coraggiose e impossibili. Il desiderio del piccolo Enzo di essere uno di quegli eroi, di provare la  pressione della corsa che batte sul cuore e di  sentirsi libero come un uccello le cui ali rendono vivi e immortali", conclude Carlei. "Io ho soltanto seguito questo desiderio di Ferrari bambino ed è stato più facile per me arrivare al traguardo".