"Non posso uscire con te, il mio papà, lo ha detto il giudice". Così si legge sulla maglietta che indossa e che mostra in primo piano un papà napoletano. Poi, in un video pubblicato su facebook, l'uomo si scaglia contro l'ex moglie, usando parole dure, minacciose, che sanno quasi di presagio: "Io per questo mi faccio anche trent'anni". Adesso la donna ha paura. Aveva già denunciato l'ex coniuge per stalking e i due sono separati da qualche anno.
Le minacce sui social - Il video sta destando forte preoccupazione, tanto che la mamma si è rivolta a un avvocato e ha presentato una nuova denuncia alla Procura di Napoli. La figlia è in affidamento esclusivo a lei e il papà la può incontrare solo durante incontri protetti. Ma il trentenne, già sotto processo per maltrattamenti verso entrambe, non si rassegna. "La donna - dice il suo legale - è diventata vittima di una vera e propria campagna mediatica denigratoria che va avanti ormai da molto tempo. Quel materiale pubblicato sui social - aggiunge l'avvocato Sergio Pisani - è infatti confluito nel primo fascicolo aperto dagli inquirenti nei confronti del genitore. Ed è per questo - conclude - che come padre può vedere la bimba solo in occasione di incontri protetti. Ma questo lui, non riesce a tollerarlo".
La paura di una mamma - Il messaggio che trapela dal video e da quella scritta, considerata in riferimento alla figlia, come se il papà pensasse a un gesto violento nei confronti dell'ex moglie, e vari messaggi in chat dai contenuti violenti - secondo i difensori della mamma - avrebbero generato una serie di malesseri fisici e psicologici di cui madre e figlia soffrono e che stanno cercando di curare. Ormai la donna cerca di uscire solo se veramente necessario e sempre in compagnia di altre persone. "30 anni di carcere, infatti, si infliggono a chi uccide - precisa Pisani - lui come padre deve recuperare una capacità genitoriale che, evidentemente, ora non possiede. Non è stato ancora raggiunto da misure cautelari, - conclude l'avvocato - ma bisogna tener presente che oggi l'utilizzo dei social va monitorato e debitamente censurato, quando può portare a simili conseguenze nei confronti delle vittime inermi".