“Indossare collant color carne non è mai stato autentico per me”, ha confidato Meghan Markle a Bloomberg, ricordando il periodo da working royal. Un obbligo non scritto ma radicato nel protocollo di Buckingham Palace, che impone alle donne della famiglia reale di coprire le gambe con calze trasparenti durante gli eventi ufficiali. Una regola che Kate Middleton ha sempre rispettato con naturalezza e che Meghan, invece, ha percepito come una forzatura: un capo imposto dall’alto, incapace di rispecchiare la sua personalità.
Dal palazzo agli uffici: dove le calze sono ancora obbligatorie -
Non è solo Buckingham Palace a chiedere alle donne di indossare i collant trasparenti. L’obbligo, o la “forte raccomandazione”, resiste in diversi ambiti. Nelle compagnie aeree, ad esempio, le hostess sono spesso tenute a portare calze color carne anche d’estate. In questo caso si tratta, solitamente, di calze a compressione graduata indossate per la pressione in cabina ma che sono diventate parte di una divisa che punta a un’immagine di ordine ed eleganza. Stessa regola per alcune banche e istituzioni finanziarie, soprattutto negli Stati Uniti e in Asia, dove la presenza femminile in determinati contesti professionali deve rispondere a precisi canoni estetici.
In alcune aziende e ambienti formali come studi legali, ambasciate, contesti diplomatici, il dress code prevede ancora che le gambe siano coperte, considerate “inadeguate” se lasciate nude. Anche in cerimonie ufficiali – dai ricevimenti diplomatici alle udienze papali – i collant restano parte del protocollo.
E persino nella vita quotidiana, in Italia come all’estero, una donna che si presenti senza collant in inverno o a un colloquio formale rischia di essere percepita come “troppo casual” o poco professionale. Un retaggio che resiste, anche se lentamente eroso dalle nuove generazioni e dalle mode.
Quando un capo diventa disciplina -
Un paio di collant trasparenti può sembrare un dettaglio banale. In realtà racconta un’idea precisa: il corpo femminile va disciplinato, uniformato, reso conforme a un canone di decoro. Il protocollo reale lo rende evidente, ma il meccanismo è universale: dal dress code aziendale alle aspettative sociali. La ribellione di Meghan mostra come anche un indumento apparentemente neutro possa trasformarsi in simbolo di libertà negata e, al contrario, la sua assenza in atto di emancipazione.