"Ero lì vicino, Marco era già morto". Così Paolo Simoncelli, padre del campione di MotoGp morto domenica in Malesia, "assolve" i soccorritori, uno dei quali è scivolato trasportando la barella, suscitando molte polemiche. "Ero lì a 10 metri, non sarebbe cambiato niente - prosegue il padre -. Quando si sono rialzati ho preso la mano a Marco, ho provato a salutarlo, ma lui era già andato: non c'era niente da fare, non sarebbe cambiato niente".
"Quella - prosegue Paolo Simoncelli - è tutta gente che cerca di fare del proprio meglio. Se avesse lasciato la moto... Non lo ha fatto perché era un guerriero".
Il padre di "Sic" ringrazia quindi "le autorità malesi, l'ambasciatore italiano e i ragazzi del circuito che non ci hanno lasciato soli in questi due giorni passati tra ospedali, autopsie e carri funebri. Poi a Roma c'erano tutti, a partire dal presidente del Coni Gianni Petrucci; centinaia di persone che hanno smesso di lavorare per salutare Marco. Se dico di essere felice dico una stupidaggine, però mi fa piacere, è una cosa bellissima".
"Marco - dice ancora il padre, commosso - era una persona speciale, la gente ha capito com'era, se doveva dire la parolaccia la diceva e poi era onesto, era un puro. Viveva di cose semplici, il suo cane, la natura, il verde. Prima di partire e prima di una gara ci abbracciavamo sempre, sabato mi ha detto che era stanco e voleva tornare a casa, la preparazione per la gara in Malesia è sempre stata difficile".