La decisione

La Consulta apre a permessi premio anche per chi sconta l'ergastolo ostativo

L'allarme di Alfonso Sabella: "Timori per i magistrati di sorveglianza". Nino Di Matteo: "Si apre un varco pericoloso". Zingaretti: "Sentenza stravagante". Di Maio: "Faremo una battaglia perché chi è in galera con il carcere duro ci rimanga"

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La mancata collaborazione con la giustizia non impedisce i permessi premio per chi è sottoposto all'ergastolo ostativo, purché ci siano elementi che escludono collegamenti con la criminalità organizzata. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, precisando che la presunzione di "pericolosità sociale" del detenuto non collaborante non è più assoluta ma diventa relativa e può essere superata dalla valutazione del magistrato di sorveglianza.

La Corte ha in particolare dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4 bis, comma 1, dell'Ordinamento penitenziario nella parte in cui non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l'attualità della partecipazione all'associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata. Sempre che, ovviamente, il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo.

In questo caso, la Corte - pronunciandosi nei limiti della richiesta dei giudici che hanno sollevato la questione - ha quindi sottratto la concessione del solo permesso premio alla generale applicazione del meccanismo "ostativo" (secondo cui i condannati per i reati previsti dall'articolo 4 bis che dopo la condanna non collaborano con la giustizia non possono accedere ai benefici previsti dall'Ordinamento penitenziario per la generalità dei detenuti).

Pericolosità sociale - In virtù della pronuncia della Corte, la presunzione di "pericolosità sociale" del detenuto non collaborante non è più assoluta ma diventa relativa e quindi può essere superata dal magistrato di sorveglianza, la cui valutazione caso per caso deve basarsi sulle relazioni del carcere nonché sulle informazioni e i pareri di varie autorità, dalla Procura antimafia o antiterrorismo al competente Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica. 

Di Maio: "Chi è in galera con il carcere duro, deve restarci" - "Qualcuno sostiene che con il carcere duro si ledono diritti umani, ma noi non siamo d'accordo", è il commento di Luigi Di Maio. "Se abbiamo leggi dure contro la mafia è perché siamo in guerra. Rispettiamo la sentenza della Corte ma come Movimento Cinque Stelle faremo una battaglia perché chi è in galera con il carcere duro ci rimanga". 

Zingaretti: "Sentenza stravagante" - "Una sentenza un po' stravagante, non mi sento in sintonia con quanto stabilito", ha commentato Nicola Zingaretti. "Se si arriva a sentenza definitiva su fatti così gravi, io mi fermerei lì", ha detto ancora il segretario del Pd.

Di Matteo: "Si apre un varco pericoloso" - Per Nino Di Matteo, uno dei più noti pm antimafia e oggi consigliere del Csm, "la sentenza della Consulta apre un varco potenzialmente pericoloso, ponendo fine all'automatismo che caratterizza l'ergastolo ostativo. Dobbiamo evitare che si concretizzi uno degli obiettivi principali che la mafia stragista intendeva raggiungere con gli attentati degli anni '92-'94". L'auspicio, sottolinea Di Matteo è che "la politica sappia prontamente reagire e approvi le modifiche normative necessarie ad evitare che le porte del carcere si aprano indiscriminatamente ai mafiosi e ai terroristi condannati all'ergastolo".

Sabella: "La mafia adesso minaccerà i giudici di sorveglianza" - Intervistato dal Fatto Quotidiano, Alfonso Sabella, giudice del Tribunale del Riesame di Napoli ed ex pm antimafia a Palermo e direttore de Dap, ha espresso tutta la sua preoccupazione per il parere della Consulta: "La Corte ha tenuto sicuramente conto del richiamo della Cedu di Strasburgo, non poteva farne a meno. Non è chiaro se sia il condannato a dover dimostrare di non aver più collegamenti con ambienti criminali o se sia la magistratura a dover dimostrare l'esistenza attuale dei collegamenti. Se dovesse essere la magistratura, si aprirebbe un'autostrada per i condannati. Dobbiamo aspettare le motivazioni per capirlo". La preoccupazione maggiore è per chi dovrà decidere sui permessi premio: "Credo sia indispensabile che il legislatore stabilisca che rispetto alle decisioni sui benefici legati al 41 bis debba essere un giudice collegiale (almeno tre giudici, ndr) e non un un singolo giudice di sorveglianza a decidere. Il rischio che la mafia minacci questi ultimi è alto e lo Stato ha il dovere di tutelare i suoi servitori".