Sulle tracce dei Templari

Lungo la Via Francigena dei Templari

Le ombre dei leggendari cavalieri nel tratto che va dalle Alpi alla Pianura Padana

© Agenzia del Turismo

Templari. Un nome che evoca leggende di mistero e di esoterismo, dove la storia si mescola con il mito, fonte inesauribile di ispirazione per la letteratura e il cinema. Basti pensare al film di recente programmazione che vede protagonista Nicolas Cage e che sfrutta la suggestione dei cavalieri misteriosi, a partire dal titolo “L’ultimo dei Templari” (qui il trailer). Eppure si può tornare a respirare -metaforicamente - l’atmosfera di allora. Basta sapere dove guardare. O meglio, dove andare. Magari a piedi, come un tempo, lungo l’itinerario che attraversa l’Europa e prende il nome di Via Francigena

A ritroso nei secoli
La Via Francigena, nonostante la riscoperta di questi ultimi anni, è ancora meno celebrata del “Camino de Santiago”, eppure questa era la strada che da Canterbury, simbolo del cristianesimo britannico, attraverso la Francia (da cui il nome) portava a Roma e poi ai luoghi di imbarco lungo la costa pugliese i pellegrini - e talvolta anche i soldati - che volevano raggiungere la Terrasanta, la città di Gerusalemme e i luoghi della vita e della passione di Cristo. In realtà parlare di strada era allora improprio, e lo è ancora: la Via Francigena era più simile a un fascio di sentieri tracciati dai calzari dei pellegrini, che si moltiplicavano alla ricerca del percorso più agevole per valicare le montagne o guadare fiumi e torrenti, o si biforcavano a seconda del luogo di partenza dei viandanti. Il percorso che è  stato “codificato” nell’attuale Via Francigena, riconosciuta come “Grande Itinerario Culturale” dal Consiglio d’Europa si basa sostanzialmente sulla narrazione del vescovo Sigerico, che nel 990 tornò a piedi da Roma a Canterbury, dopo aver ricevuto il Pallio dalle mani del Pontefice. Un vero e proprio diario di viaggio, preciso e dettagliato soprattutto nei luoghi di sosta, che tuttavia si è preferito non seguire pedissequamente, adottando variazioni di percorso là dove gli oltre mille anni trascorsi avevano modificato profondamente l’ambiente naturale e la viabilità.

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Mille miglia a piedi
Variazioni o meno, rimane il fatto che la Via Francigena misura oltre 1.600 chilometri: una distanza ardua da coprire camminando, e assolutamente impossibile da descrivere in questo spazio. Ci concentreremo quindi solo su un tratto, quello incluso nel territorio piemontese, perché oltre a offrire le maggiori suggestioni storiche, rappresenta la “porta di ingresso” in Italia, dalle Alpi alla pianura Padana. Ed è anche uno dei più accessibili sotto il profilo della percorribilità, il che certo non guasta. I circa 107 chilometri piemontesi, dallo sbocco della Val d’Aosta al confine Lombardo tra Vercelli e Robbio, sono quasi ovunque percorribili in mountain bike: modalità magari meno suggestiva, ma certamente più rapida della secolare marcia del pellegrino. Per chi invece preferisse attenersi alla tradizione, il percorso è stato diviso in tappe giornaliere alla portata quasi di chiunque sia in buona salute, dettagliatamente descritte (come il resto della Via Francigena) nei roadbook elaborati per iniziativa del Ministero dei Beni Culturali e disponibili gratuitamente online . La Via attraversa le Alpi al passo del Gran San Bernardo, e, dopo aver toccato Chatillon, Aosta e Verres, raggiunge il Piemonte dalla Val di Susa. Partendo da Point Saint Martin si arriva infatti a Ivrea, con una tappa di 22 km non particolarmente impegnativa. Entrando in Piemonte, infatti, i rilievi si addolciscono. Lungo la strada si possono visitare la pieve paleocristiana di  San Lorenzo, il borgo di Montestrutto e il castello di Montalto, senza dimenticare l’antico centro storico di Ivrea. Più avanti, la strada si dirige verso Viverone, affacciata sull’omonimo lago: 21 km che attraversano la più grande morena d’Europa, dolcemente digradante. Sul cammino si incontrano le antiche chiese - da poco restaurate - di San Pietro (vicino a Bollengo) e ciò che si è potuto salvare del “Gesiun”, chiesa romanica risalente al X-XI secolo sita poco oltre Piverone, con i suoi affreschi. Lasciata Viverone, dopo circa un chilometro si incontra il Castello di Roppolo, prima di imboccare la strade campestri in discesa che conducono a Cavaglià, con il vicino Santuario di Nostra Signora di Babilone, e a Santhià. Da qui a Vercelli è tutta pianura. Si attraversano distese di risaie, mentre ci avviciniamo al confine lombardo, che tagliamo nei pressi di Robbio.

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Le vestigia dei Cavalieri
Il legame storico tra la Via Francigena - non solo nel tratto piemontese - e i Cavalieri Templari ha una logica motivazione: l’aiuto e la difesa dei pellegrini nel periglioso cammino. Oggi però, di visibile resta ben poco: la dissoluzione violenta dell’Ordine, il cui ultimo Grande Maestro venne bruciato sul rogo a Parigi come eretico nel 1314, non ha favorito la conservazione e la sopravvivenza dei loro insediamenti. I resti, e talora solo il ricordo, di alcuni di essi sono tuttavia oggi ancora rintracciabili in Piemonte, come detto inizialmente, lungo il percorso principale e alcune diramazioni della Via Francigena. Tra essi troviamo la Precettoria di San Nazario a Ivrea, gli Ospedali di San Lazzaro e San Giovanni a Vercelli, la Torre del Tempio e la Masone ad Alessandria, più alcuni resti in provincia di Torino. Un ramo secondario della Francigena arrivava infatti vicino a  Moncalieri, dove a Borgo Navile, presso l'antico ponte di Testona sul fiume Po, si trovava la magione di Sant'Egidio.  Ma ancora prima di stabilirsi a Borgo Navile, i Templari avevano posto base a Torino nella magione di Santa Margherita, di cui purtroppo oggi non sopravvive nulla. Non è certo neppure il luogo dove si trovava. Ci sono infatti vaghe indicazioni: oltre il Po, al di là delle mura cittadine. Solo uno degli infiniti misteri che ancora avvolgono questi Cavalieri, nati difensori della Fede e distrutti con l’accusa di adorare il Demonio.