Il potente riff di chitarra di "Whole Lotta Love" apre "Led Zeppelin II", un album destinato a restare nella storia. Il secondo lavoro del quartetto guidato Robert Plant e Jimmy Page esce nei negozi il 22 ottobre 1969, a soli 9 mesi dal loro folgorante esordio: la casa discografica li ha spinti a registrare in fretta e furia durante le pause del tour in cui la band si era lanciata. E' il disco che li consacra al successo, conquistando il primo posto delle classifiche in Usa e Gran Bretagna, scalzando "Abbey Road" dei Beatles. Un simbolico passaggio del testimone.
Solamente nel gennaio dello stesso anno la band aveva lanciato l’album di debutto con brani come "Good Times Bad Times" e "Dazed And Confused". Ma la Atlantic esigeva da loro una nuova opera da buttare fuori entro Natale. "Led Zeppelin II" è stato il risultato (o l'incredibile magia) di una folle realizzazione, un disco composto da materiale basato su idee nate in stanze d'albergo, provate nel corso dei soundcheck o in improvvisazioni live, mentre Robert Plant, Jimmy Page, John Paul Jones, John Bonham si spostavano tra Londra, New York, Vancouver e Los Angeles.
"Avevano un furgone pieno zeppo di nastri", ricorda il tecnico del suono Eddie Kramer (che aveva lavorato con Hendrix per "Electtric Ladyland"). I risultati finali furono mixati in soli due giorni negli studi A&R di New York. Fa strano pensare a come "Heartbreaker", "Lemon Song", "Ramble On", "Moby Dick" abbiano potuto essere realizzate sotto tale pressione.
Quattro individualità eccezionali, un urlo primordiale, un suono dirompente. L'album, che spazia dal blues all'hard rock, fino alla psichedelia, rimarrà impresso come quello più heavy e selvaggio dei Led Zeppelin, figlio della loro folle esuberanza. E 50 anni dopo mantiene la stessa pura energia.