DECISIONE DEL GUP

Omicidio Desirée Mariottini, quattro persone rinviate a giudizio

La 16enne fu trovata morta nell'ottobre del 2018 in un immobile abbandonato a Roma. Sono quattro gli uomini accusati, a vario titolo, di omicidio, violenza sessuale e spaccio

Quattro persone sono state rinviate a giudizio per l'omicidio di Desirée Mariottini, la 16enne trovata morta tra il 18 e 19 ottobre del 2018 in un immobile abbandonato nel quartiere san Lorenzo a Roma. Lo ha deciso il gup. "Il nostro dolore non si potrà mai calmare. Nessuna sentenza ci restituirà mai la nostra Desirée", ha detto la nonna materna della ragazza lasciando il tribunale di Roma.

Nel procedimento, che si aprirà in dicembre, saranno parte civile Comune di Roma, Regione Lazio. Secondo la ricostruzione della procura, Desirée frequentava lo stabile abbandonato in Via dei Lucani, nel quartiere San Lorenzo,  dove si procurava la droga e la consumava. 

Quattro a processo - Sono quattro gli uomini coinvolti che rispondono, a vario titolo, di omicidio, violenza sessuale e spaccio: si tratta di Mamadou Gara, 27 anni, Brian Minthe, 43 anni, Yousif Salia di 32 anni e Chima Alinno, 46enne.

Violentata dagli spacciatori - Quando si è sentita male, dopo aver assunto varie sostanze, nessuno ha chiamato il 118 e la giovane, ridotta all'incoscienza, è stata violentata dagli spacciatori. Desirée non si è opposta in alcun modo: non poteva farlo perché non era in sé, non si reggeva in piedi mentre gli aggressori, senza nessuna pietà le erano addosso. Chi ha abusato di lei, subito dopo l'ha abbandonata sola, a terra, tremante, si è allontanato e l'ha lasciata morire.

La madre di Desirée: "Chiedo giustizia e rispetto" - "Chiedo giustizia e rispetto per Desirée, che era solo una bambina. Per il mio dolore e per quello della mia famiglia". Così la madre,  Barbara Mariottini. "Io e la mia famiglia - ha raccontato la donna - eravamo preoccupati, ci occupavamo tutti i giorni di lei, l'abbiamo portata da uno psicologo. A fine luglio abbiamo capito che si drogava. Desirée aveva paura quando si parlava di comunità".