Usa, sparatorie a scuola: se il killer è bianco, colpa dei videogame
Una ricerca accademica svela che i videogiochi sono accusati più spesso e ingiustamente se gli atti violenti avvengono per mano di maschi bianchi
È un dato di fatto su scala mondiale: negli ultimi dieci anni, se si è trattato di accusare qualcuno (o qualcosa) di atti di violenza o delle tragiche sparatorie occorse in molte scuole americane e non, la mela non è mai caduta tanto lontana dall’albero dei videogiochi.
Finalmente però, una ricerca pubblicata su una nota rivista statunitense ha rivelato che se le sparatorie fossero state condotte da persone di colore, allora le probabilità che pubblico e politica avessero puntato il dito contro i videogame si sarebbero ridotte al minimo. L’inversione di marcia, che sfata un mito ormai consolidato, è stata attuata da Patrick Markey, docente di Psicologia presso l’Università di Villanova in Pennsylvania.
Come riportato dall'American Psychological Association, Markey e il suo team hanno analizzato oltre 200mila articoli di notizie su 204 sparatorie di massa avvenute in un periodo di 40 anni, scoprendo che i videogiochi avevano una probabilità otto volte maggiore di essere accusati quando queste si erano verificate in una scuola per mano di un maschio bianco rispetto a un afroamericano.
Per avvalorare la tesi, l’équipe ha condotto un esperimento in cui a
169 studenti universitari è stato chiesto di leggere un falso articolo di giornale i cui veniva descritta una sparatoria di massa eseguita da un
giocatore maschio di 18 anni. La metà dei soggetti coinvolti nell'esperimento ha letto una versione del giornale che mostrava la
foto segnaletica di una persona bianca, mentre l'altra metà ne ha visto una di un
afroamericano.
I ricercatori hanno scoperto che
le persone che avevano letto il giornale con la prima immagine avevano indicato i videogiochi come causa principale delle sparatorie rispetto a quelli che avevano letto l’articolo con la foto dell’afroamericano. Inoltre hanno appurato che quando i soggetti erano essi stessi giocatori,
le probabilità di accusa verso i videogiochi si riducevano ulteriormente.
"Quando un atto brutale viene compiuto da qualcuno che non corrisponde allo stereotipo razziale delle persona violenta, la gente tende a cercare una spiegazione esterna a tale comportamento." sostiene Markey “I videogiochi vengono usati spesso dai legislatori e dall’opinione pubblica come specchietto per le allodole, per distrarre da altre potenziali cause di sparatorie o violenza. Quando il killer è un giovane maschio bianco tendiamo ad accusare i videogiochi, mentre se il tiratore è un uomo più anziano o afroamericano, entra in scena la discriminazione razziale".
Nonostante la scienza sforni quotidianamente prove atte a scagionare il mondo videoludico da tutte le accuse di comportamenti aggressivi, la questione sembra ben lontana dall’esaurirsi, sebbene già grandi esponenti della politica mondiale (come Hillary Clinton) abbiano mostrato segni di apertura verso i risultati di tali ricerche, difendendo anzi il ruolo educativo che molti videogiochi hanno assunto ormai nella vita di molti bambini e ragazzi.