Traffico di migranti tra la Tunisia e la Sicilia, 14 fermi | Il capo della banda progettò un attentato ai carabinieri

Il tunisino Fadhel Moncer aveva intenzione di far saltare in aria una caserma, solo le manette gli impedirono di portare a termine il piano

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La guardia di finanza ha effettuato 14 provvedimenti di fermo nei confronti di italiani e stranieri appartenenti ad un sodalizio criminale che avrebbe gestito il traffico di migranti tra la Tunisia e le coste siciliane con gommoni veloci. Il tunisino ritenuto a capo dell'organizzazione stava anche progettando un attentato dinamitardo a una caserma dei carabinieri.

Il capo della banda progettò un attentato contro i carabinieri - I componenti del clan sono accusati a vario titolo di sfruttamento dell'immigrazione clandestina, contrabbando di tabacchi lavorati e fittizia intestazione di beni e attività economiche. Il tunisino a capo della banda, Fadhel Moncer, era già stato arrestato nel 2012 per un traffico di armi e droga tra Francia e Italia. Aveva intenzione di far saltare in aria la caserma di Marsala, solo le manette gli impedirono di portare a termine il piano.

L'intercettazione: "Faccio saltare la caserma" - "Faccio saltare la caserma, già sto mettendo da parte, ogni volta, uno-due chili... appena cominciano ad essere cinquanta, cento chili, ti faccio sapere com'è... ti faccio spostare tutta la caserma a mare", diceva Moncer non sapendo di essere intercettato. "Arrivo a scoppiare una bomba dietro la caserma dei carabinieri a Marsala, che succede? Sai, gli sbirri scappano da Marsala", spiegava al suo interlocutore.

Tremila euro per la traversata - L'organizzazione criminale era composta da cittadini tunisini e italiani che operavano tra il Paese nordafricano e le province di Trapani, Agrigento e Palermo. La banda reclutava i profughi e raccoglieva grosse somme di denaro per la traversata: fino a 3mila euro. Ai migranti fatti entrare in Italia l'organizzazione garantiva la possibilità di un contratto di lavoro fittizio, anche di tipo stagionale. Almeno in sette occasioni, oltre ai profughi, sono stati introdotti in Italia tabacchi di contrabbando per centinaia di migliaia di euro.

Reinvestivano i "guagagni" in aziende e ristoranti - L'organizzazione rubava natanti e motori, già usati per i viaggi verso l'Italia e sequestrati dalla Finanza, e acquistava tabacchi di contrabbando che poi portava in Sicilia e rivendeva grazie alla rete di distribuzione che aveva nei mercati rionali palermitani. La banda usava gommoni carenati, dotati di potenti motori fuoribordo, con i quali era in grado di coprire il tratto di mare che separa le due sponde del Mediterraneo in poche ore, trasportando, per ciascuna traversata, dai 10 ai 15 persone. Il business aveva portato enormi guadagni reinvestiti, tra l'altro, in una azienda agricola di Marsala, in un cantiere nautico di Mazara del Vallo e in un ristorante.

Eludevano i controlli grazie a complici italiani - Secondo gli inquirenti, l'organizzazione era in grado di cambiare rotte e modalità dei viaggi sfruttando la vicinanza dell'isola di Lampedusa alle coste tunisine, la disponibilità di due pescherecci italiani, particolarmente attivi sul tratto di mare che separa l'isola italiana dalla costa africana, e grazie alla complicità di italiani in grado di eludere i controlli delle forze dell'ordine e far allontanare dalla costa i profughi una volta sbarcati.