L'arte della pizza secondo Corrado Scaglione
Rispettare la tradizione sperimentando con gli ingredienti e le materie prime: si racconta il cuoco che ha messo le mani in pasta ed ha portato la vera pizza napoletana in Lombardia
Verace, gourmet, bassa, alta, con il cornicione alto, morbida dentro e croccante fuori, con impasto a lunga lievitazione, facilmente digeribile, con ingredienti del territorio. Sono le parole che compongono il vocabolario della pizza, icona della nostra Italia, che ora vive il suo massimo splendore. E con lei anche il mestiere del pizzaiolo, che si è definitivamente riscattato togliendosi di dosso ogni pregiudizio. Grazie a vecchi e nuovi pizzaioli che, con il loro contributo, stanno rinnovando l’immagine della pizza. Come Corrado Scaglione, classe 1966, pizzaiolo molto apprezzato e coordinatore fiduciario dell’Associazione Verace Pizza Napoletana, con cui abbiamo fatto quattro chiacchiere a proposito del suo lavoro, di che cosa rappresenta oggi la pizza e di cosa significa esattamente pizza gourmet. Dopo la scuola alberghiera, Scaglione eredita dalla sua famiglia l’Enosteria Lipen di Canonica Lambro, frazione di Triuggio, in Brianza, dando inizio proprio da qui alla sua carriera di pizzaiolo.
Dopo la scuola alberghiera, Scaglione eredita dalla sua famiglia l’
Enosteria Lipen di
Canonica Lambro, frazione di Triuggio, in
Brianza, dando inizio proprio da qui alla sua carriera di pizzaiolo. Il suo grande merito è stato quello di
portare la vera pizza napoletana in Lombardia in tempi non sospetti, alla quale oggi si accosta con rispetto e la voglia continua di migliorare, partendo dalla tradizione ma con la libertà di
sperimentare e giocare con le materie prime, di lavorare sugli impasti e sul perfezionamento della cottura in forno a legna.
Nell’intervista che segue,
Corrado Scaglione ci racconta il suo punto di vista sulla pizza e di come gli abbia radicalmente cambiato la vita.
Definisci il concetto di pizza contemporanea, da molti chiamata gourmet. Perché è sbagliato chiamarla gourmet?
C’è una piccola incomprensione sul temine gourmet. Sembra che la parola sia molto in voga anche se il significato reale è legato al consumatore: il gourmet, infatti, è colui che ama e conosce i piaceri della tavola.
Usato moltissimo in larga scala, ormai riunisce stili diversi, tra qui quello che ci porta molto vicini al mondo della cucina, della cucina moderna, quello dello scomposto e ricercato e secondo me spesso azzardato se non completamente slegato, solo perché bella da vedere. Ma non basta porre certi ingredienti su una base pizza per farla diventare una pizza con le P maiuscola. È proprio qui il problema. .
Questo accade perché, in questo momento, molto spesso i pizzaioli spesso non possono vantano preparazioni al pari dei cuochi, perché cercano di imitarli usando ingredienti fighi senza senso o stagionali, e poi consumati da gourmet che spesso mangiano con gli occhi e non con la mente.
Raccontaci quando hai iniziato a cucinare pizza.
La prima volta fu un caso, una necessità. Il mio pizzaiolo mi lasciò a piedi e dovetti provare a salvare la situazione. Fu inevitabilmente un gran fallimento. Da cuoco ho avuto la presunzione di pensare di potermi cimentare senza problemi, ma presto cominciai a capire le difficoltà e soprattutto che la tecnica era assai diversa e complessa, perché anche istintiva. .
Oggi sono ancora sul banco di scuola ad imparare.
Hai sempre fatto il pizzaiolo?
No, io nasco cuoco. Ho frequentato l’alberghiero a Milano e ho cominciato a spadellare nelle cucine della trattoria dei miei genitori, fino alle cucine di Giorgio e Annie, quelle dell’Enoteca Pinchiorri a Firenze.
Quando hai capito che sarebbe diventato il tuo lavoro?
Difficile la domanda…è come quando ti innamori, lo sai e basta.
La tua pizza preferita?
La marinara.
Dove hai mangiato la pizza più buona? Napoli è solo un luogo comune o è effettivamente la migliore in assoluto?
Napule è…l’inizio del culto. “La pizza è frutto dell’ingegno del popolo napoletano, non ha padri né inventori”, cosi cita un amico in un suo scritto.
La pizza più buona l’ho mangiata molti anni fa a Monza, ero un ragazzo, ma fu sempre una marinara.
Quali sono le differenze tra una pizza contemporanea e una pizza definita “normale”?
Con il termine normale intendi tradizionale? Beh, la tradizione è fatta da ciò che si riusciva a trovare e spesso era legata alle stagioni, e alla possibilità che le famiglie avevano, il tutto con la memoria della stagione prima. Si attendeva il raccolto o la festa per poter gioire, goderne, e in queste occasioni le endorfine si attivavano al massimo livello. Oggi il contemporaneo secondo me è più triste. Perché c’è sempre tutto e questo abbassa la voglia, anzi è quasi una noia. La pizza contemporanea è per pochi, solo i gourmet la apprezzano e non è una questione di danaro ma di cultura. Oggi il cibo è cultura, ieri era fame.
Qual è la pizza che nessun cliente dovrebbe mai ordinarti?
Io ho dovuto blindare le scelte sul menu per non far perdere personalità alle ricette, perché il cliente medio pensa che la pizza sia un contenitore da riempire con qualsiasi cosa gli venga in mente, solo perché così piace a lui.
Chi, secondo te, è il miglior pizzaiolo al mondo?
Ho tantissimi amici e colleghi da cui traggo ispirazione e di cui apprezzo la preparazione, quindi preferisco pensare a loro cosi piuttosto che nominare qualcuno. Lascio questo arduo compito a guide e quant’altro.
Pizza all’estero sì o no?
Assolutamente si, è espressione della nostra tradizione! E poi ha un nome intraducibile e pronunciabile da chiunque. È la prima parola dell’esperanto.
La pizza è patrimonio dell’umanità, credi che venga davvero valorizzata dai consumatori?
C’è un piccolo errore, non è la pizza ma la professione del pizzaiolo che è diventata patrimonio immateriale dell'Unesco.
SI! Non è nemmeno insegnato nelle scuole alberghiere, e non è più il secondo lavoro dei muratori.
La pizza che avresti voluto inventare?
Se ne avessi avuto la possibilità, la Margherita, e avrei apposto la royalties. Oggi forse sarei più ricco di Bill Gates!
Di
Indira Fassioni www.nerospinto.it