"L'uomo che uccise Don Chisciotte", il travagliato film di Terry Gilliam arriva finalmente al cinema

In uscita il 27 settembre dopo una lavorazione e produzione lunga 25 anni

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Con chi vi indentificate tra Don Chisciotte e Sancho Panza? L'eterna guerra tra fantasia e realismo è una delle chiavi de "L'uomo che uccise Don Chisciotte", che arriva finalmente in sala dal 27 settembre dopo che per 25 anni Terry Gilliam lo ha sognato, inziato, abbandonato, ripreso. "Ho continuato a incaponirmi con questo film è perché tutte le persone ragionevoli mi dicevano di smetterla. E io non mi ritengo affatto una persona ragionevole", ha rivelato il Gilliam. Una creatura quasi mitologica ma anche maledetta, con una delle lavorazioni più complicate della storia del cinema, diventa una picaresca e surreale avventura con protagonisti Adam Driver e Jonathan Pryce. Tgcom24 vi offre una clip esclusiva con il racconto del cast del lavoro sul set con il geniale regista americano, già autore di film come "Brasil", "L'esercito delle 12 scimmie", "La leggenda del re pescatore".

La storia del film è essa stessa da film. Ci sono voluti "25 anni di fare e disfare" (come dice Gilliam in un cartello a inizio film) per portare a termine questo progetto. Una lavorazione problematica già raccontata nel documentario "Lost in La Mancha", realizzato da collaboratori del regista: dal ritiro del produttore, passando per budget bassi, Jean Rochefort (che doveva interpretare Don Chisciotte) che si sente male, fino a un violentissimo nubifragio che dannaggia irrimediabilmente le scenografie. E in vista del lieto finale la storia è proseguita nella sua "maledizione" anche nel 2018 con la causa legale del produttore portoghese Branco, la proiezione a Cannes senza l'autorizzazione a proiettarlo nei cinema francesi e il malore del regista.

Il protagonista è Toby (Adam Driver), un regista di fama mondiale alla prese con uno spot commerciale con protagonista un Don Chisciotte, impegnato nei luoghi (la campagna spagnola) dove aveva già girato un corto dedicato al personaggio di Cervantes, "The man who killed Don Quixote", come saggio della scuola di cinema. Mentre sul set c'è il caos, fa ritorno nel piccolo paesino teatro del suo vecchio lavoro. Incontra Javier, il calzolaio che allora aveva interpretato il cavaliere senza paura (Jonathan Pryce). Lo ritrova fuori di senno e convinto di essere Don Chisciotte (identificando Toby in Sancho Panza), intento a interpretare il suo show per i turisti. Ritroverà anche la ragazzina protagonista del suo film amatoriale finita vittima di un uomo potente dopo aver inseguito una carriera di attrice a Madrid.

Toby, assecondando Javier e cacciandosi nei guai, si immergerà in una serie di avventure in un girotondo forsennato dentro e fuori la realtà tra passato e presente da far perdere la percezione (al pubblico, soprattutto) di cosa stia realmente accadendo. Cioè in tutto e per tutto i tratti principali di un "normale" film di Terry Gilliam, uno che alla soglia dei 78 anni continua a mantenere una smodata fantasia surreale.

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Il ruolo di Don Chisciotte nel tempo è passato da Jean Rochefort a Robert Duvall, Michael Palin e John Hurt, fino alla versione finale di Jonathan Pryce, già protagonista di "Brazil". Mentre Adam Driver è il suo scudiero Sancho Panza (anche se l'identità dei personaggi cambia nel corso del film). Prima del protagonsita della nuova trilogia di Star Wars, Gilliam aveva scelto Johnny Depp e poi Ewan McGregor. E si torna a Don Chisciotte e Sancho Panza. Essere l'uno o l'altro, ha avuto modo di dire il regista: "Dipende da noi. Possiamo scegliere se essere un po' pazzi o noiosi, anche se spesso siamo entrambi". E aggiunge: "Io amo la lotta tra la fantasia e il mondo del reale. Don Chisciotte è il matto, il sognatore, mentre Sancho Panza è quello realista, è sempre un doppio atto, ci vogliono entrambe le componenti".

Il film offre una personalissima rilettura del capolavoro di Cervantes e vive di atmosfere oniriche in bilico tra delirio e realtà; per Gilliam le immersioni nella fantasia servono anche per aprire ragionamenti meta cinematografici che qui hanno più livelli narrativi: la conseguenza e le responsabilità di fare cinema, il ruolo dell'artista di fronte al potere dei soldi, gli effetti deleteri della celebrità che subito svanisce. Per l'ex Monty Python la pellicola è la risultante di un incastro di tre elementi: la messa in scena della sua stessa storia professionale, quella del film che avrebbe voluto realizzare e il nuovo progetto cinematografico ripartito da capo. Restano le domande. Ma il film è davvero quello che aveva in testa Gilliam? E' solo il risultato di una genesi tortuosa stratificata? Rimane il fatto che per Gilliam, completare finalmente questo film, è la realizzare di un sogno, folle, come il suo genio visionario.