Crisi Rohingya, Aung San Suu Kyi chiama Erdogan: "Fake news" su di loro
Solo "fake news" sul dramma dei Rohingya che in 125 mila sono fuggiti dal Myanmar (ex Birmania) verso il Bangladesh. La leader birmana Aung San Suu Kyi respinge le accuse di repressione - qualcuno si è spinto a parlare di genocidio - nei confronti della minoranza musulmana e parla di campagna di disinformazione che alimenta le paure e la crisi dei profughi. Risponde così indirettamente anche all'altro premio Nobel per la pace, l'attivista pakistana e musulmana Malala Yousafza, che l'aveva accusata di ignorare la "pulizia etnica" in atto contro la minoranza musulmana.
La telefonata con Erdogan - In una telefonata al presidente turco Recep Tayyip Erdogan, suo principale accusatore, Aung ha affermato che il suo governo sta difendendo "tutti i cittadini" dello stato occidentale del Rakhine. E ha spiegato che il vicepremier turco Mehmet Simsek ha postato foto di Rohingya morti ma non collegati alla crisi in atto. Questa
disinformazione, ha ammonito, aiuta a promuovere gli interessi dei "terroristi": un riferimento all'attentato del 25 agosto rivendicato dai ribelli dell'Esercito Arakan per la salvezza dei Rohingya (Arsa) che ha scatenato il giro di vite e la repressione militare nei confronti di una minoranza comunque da sempre discriminata.
"L'Arsa vuole uno stato islamico indipendente" - A dare manforte alla leader birmana, il Consigliere per la sicurezza nazionale Thaung Tun che ha accusato l'Arsa di volere "uno
stato islamico indipendente dalla nostra nazione a forte maggioranza buddhista. Le forze armate stanno usando il massimo della moderazione nelle operazioni militari contro di loro", cercando di "salvaguardare i civili innocenti". Oltre alle accuse da parte internazionale di aver sparato indiscriminatamente contro i civili, resta il fatto che almeno 400 Rohingya sono morti in pochi giorni.
La Turchia invia aiuti in Bangladesh - Intanto la Turchia prosegue l'aiuto umanitario ai profughi. Dopo una prima spedizione di generi di prima necessita', Ankara inviera' altre 10 mila tonnellate nei campi allestiti nelle zone di confine in Bangladesh. Oltre agli aiuti,
nei campi profughi arriveranno la moglie di Erdogan, Emine, e il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu. Ma c'e' anche chi non e' riuscito ad arrivare in Bangladesh, bloccato nella terra di nessuno tra i due Paesi. Intanto, nel Golfo del Bengala si e' rovesciato un barcone che aveva a bordo una trentina di Rohingya in fuga. Sono morti in cinque.