Scuola, se in Italia nasci in una famiglia svantaggiata il rendimento ne risente
Il rapporto “Scelte compromesse" diffuso da Openpolis e 'Con i bambini' mostra come, dall'adolescenza in poi, il divario socio-economico incida profondamente sugli apprendimenti scolastici
Il successo negli studi, ancora oggi, dipende in buona parte dal contesto sociale di provenienza. Con i ragazzi che crescono in famiglie svantaggiate dal punto di vista culturale ed economico che faticano molto più degli altri per raggiungere gli standard minimi educativi. Vedendo di fatto assottigliarsi le proprie prospettive di successo future.
Ma anche il luogo di nascita o di residenza spesso rappresenta un vero e proprio limite all’efficacia dell’istruzione. A mostrarlo sono i dati dell’Osservatorio “Scelte compromesse. Gli adolescenti in Italia, tra diritto alla scelta e povertà educativa minorile”, diffuso da Openpolis e “Con i bambini”, che porta alla luce un quadro davvero preoccupante riguardo alla situazione educativa degli alunni che frequentano le nostre scuole medie e superiori. A estrapolarne i passaggi più significativi è il portale Skuola.net.
Come il contesto socio-culturale influisce sul successo a scuola
Dal report, dunque, emerge come la situazione socio-economica dei genitori rappresenti uno dei fattori che creano maggiore disparità educativa. Stando alle ultime rilevazioni INVALSI, come si legge nel documento, tra gli alunni di terza media, all’ultimo anno prima della scelta dell’indirizzo da prendere, i divari sociali sono molto ampi. Chi ha alle spalle una famiglia con status socio-economico-culturale alto, nel 54% dei casi raggiunge risultati buoni o ottimi nelle prove di Italiano (lettura e comprensione). Per i loro coetanei più svantaggiati, al contrario, nel 54% dei casi il risultato è insufficiente.
La differenza di punteggio tra chi ha uno status familiare alto o basso raggiunge i 36,7 punti in terza media, mentre nel corso delle superiori e, in particolare, in quinta superiore (27,2 punti), l'ampiezza del divario torna in linea con quella registrata in quinta elementare (27,9 punti).
Ma i risultati peggiori, oltre a portare alla povertà educativa, hanno anche un altro risvolto negativo: il forte abbandono scolastico. Il report “Scelte compromesse”, per segnalarlo, utilizza i dati Ocse laddove rilevano che a lasciare la scuola prima del tempo sono più spesso proprio i figli di chi non ha il diploma. In Italia, tra chi ha entrambi i genitori non diplomati, la proporzione di chi non arriva al titolo di studio ormai considerato 'base' sfiora i 2/3 dei casi (dati 2018).
Non solo. Secondo i dati del consorzio Almadiploma (riportati nel rapporto), nel 2019 i diplomati del liceo figli di operai e lavoratori esecutivi sono stati appena il 16,6% del totale. Tra i diplomati nei tecnici sono stati il 28%, nei professionali rappresentano oltre il 35%.
Anche il territorio influenza i risultati
Una condizione, questa, come detto influenzata anche dal luogo in cui si vive: per gli studenti più lontani dalle città maggiori la scelta della scuola è condizionata, oltre che dal contesto sociale di provenienza, anche dall'offerta effettivamente presente in quell'area geografica. Più ci si allontana dai comuni più grandi e importanti, più la probabilità di poter usufruire di un'offerta scolastica superiore completa si fa minore. Nei comuni periferici e ultraperiferici è spesso assente, secondo l'elaborazione Openpolis - Con i Bambini sui dati Miur 2018.
Le disuguaglianze territoriali nel nostro Paese, dunque, non risparmiano nemmeno il settore dell’istruzione, che ne risulta profondamente compromesso. Il rapporto rileva, ad esempio, una situazione nettamente migliore al Nord rispetto alle aree centrali e meridionali. Generalmente, infatti, i test INVALSI di italiano mostrano un rendimento migliore delle regioni settentrionali rispetto al Sud. Se guardiamo i dati del 2018 relativi alla terza media, in questa materia il punteggio medio degli studenti del Sud si ferma attorno ai 190 punti, contro gli oltre 206 degli studenti del Nord Est e del Nord Ovest. Prendendo come riferimento dati Istat e INVALSI (gennaio 2018), “Nei test alfabetici l’87% dei capoluoghi del nord Italia presenta un risultato superiore alla media italiana. Nell’Italia meridionale e centrale la quota di comuni che superano questa soglia scende rispettivamente al 25% e al 36%”.
Anche riguardo l'abbandono scolastico, i dati presentano situazioni differenti a seconda della regione. A livello nazionale, nel 2004, quasi 1 su 4 tra i 18 e i 24 anni aveva abbandonato studi e formazione prima del tempo (23,1%). Nel corso degli anni la quota di abbandoni è scesa di quasi 10 punti fino al 13,5% del 2019. Ma se a Bolzano gli abbandoni sono diminuiti di quasi 20 punti (dal 30,5% all'11,6%) e un calo attorno ai 10 punti percentuali hanno permesso a Lombardia, Toscana, Veneto, Emilia Romagna e Marche di avvicinarsi molto o di raggiungere l'obiettivo Ue, nelle regioni del Sud la situazione è ben diversa.
Solo 3 regioni del Sud (Abruzzo, Molise e Basilicata) stanno al di sotto del 12%. In Sicilia, pur essendo scesa la quota di abbandono di 8 punti, il livello di abbandoni precoci rimane alto, attorno al 22%. Puglia, Sardegna e Campania sono tra le regioni che hanno avuto i maggiori cali (oltre 12 punti in meno nel caso di Puglia e Sardegna, un dato secondo solo a quello di Bolzano) ma, partendo da livelli molto elevati, restano ancora rispettivamente la terza, la quarta e la quinta regione con più abbandoni.