Coronavirus, la proposta anti-lockdown: separare i giovani dagli anziani

Il ricercatore dell'Ispi Matteo Villa ha quantificato i benefici in termini di pressione sul servizio sanitario nazionale ed economia rispetto al blocco totale delle attività non essenziali: ma è una soluzione difficile

Covid, la protesta dei ristoratori da nord a sud: "Siamo a terra"

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Una tromba ha suonato il silenzio, poi circa trecento proprietari e operatori del mondo della ristorazione si sono seduti terra, attorno a sedici tovaglie bianche apparecchiate sul granito del sagrato del Duomo di Milano. E' la protesta organizzata da Fipe e Confcommercio, che si è svolta non solo nel capoluogo lombardo ma in più di 20 città italiane, da nord a sud, al grido di "Siamo a terra". "Bloccarci alle 18 - dicono - è stato un colpo di grazia per la ristorazione. Allora, meglio un lockdown totale il più breve possibile ed efficace".

Con i contagi che toccano cifre record a ritmo quotidiano, l'incubo di un nuovo lockdown diventa sempre più concreto . Ma quest scenario - estremo e con pesanti ricadute per l'economia - potrebbe essere evitato o posticipato fino a quando diventi realmente inevitabile isolando i giovani dalle fasce di popolazione più a rischio: chi ha più di 60 anni. Lo sostiene in uno studio Matteo Villa, ricercatore dell'Ispi. 

Fascia più vulnerabile - Per l'Istituto per gli studi di politica internazionale dividere le persone che per età sono meno esposte al virus dagli over 60 è una soluzione di difficile applicazione - si tratta di quasi un terzo della popolazione italiana - ma "da non scartare a priori": il 94% dei morti per Covid, infatti, aveva più di 60 anni. 

Decessi ridotti - "La letalità plausibile del virus - si legge nello studio - cresce esponenzialmente con l'età, uccidendo meno di 5 persone su 10mila nella fascia d'età 30-39 anni, ma oltre 7 persone ogni 100 tra gli ultra ottantenni". Per questo "sarebbe sufficiente isolare gli ultra ottantenni per dimezzare la mortalità diretta del virus. Se poi riuscissimo a isolare efficacemente gli ultra-sessantenni, la mortalità sarebbe dieci volte inferiore". 

Scenario più sostenibile - Ipotizzando un contagio del 70% - la soglia della famigerata immunità di gregge - nella popolazione under 60, gli infetti sarebbero 29 milioni ma con numeri migliori sia per i decessi che per i ricoveri: 43mila morti e "una pressione sul sistema sanitario ridotta di quasi i tre quarti", visto che attualmente "tre persone su quattro in terapia intensiva hanno più di 56 anni", spiega l'analisi. Con una immunità di gregge tout court, invece, secondo il ricercatore i numeri sarebbero drammatici: 42 milioni di contagiati, tra i 430.000 e i 700.000 decessi e circa 110mila pazienti in terapia intensiva. 

Benefici per il lavoro - Un lockdown selettivo per età permetterebbe anche di limitare i danni nei settori produttivi: solo il 9% della forza lavoro in Italia nel 2019 aveva più di 60 anni, pari a 2,3 milioni di persone. Un numero che scende di quattro volte - circa 600mila - se si tiene conto degli over 65. 

Nessun costo zero - Ma - come ammette Villa alla fine della sua analisi - "non ci sono 'pasti gratis' e tutte le azioni che decidiamo di compiere sono il frutto di un compromesso che soppesa rischi e benefici". I problemi, infatti, sarebbero svariati: davvero un lockdown per fasce d'età eviterebbe la diffusione dell'epidemia tra i più fragili? Aumentando la circolazione del virus tra i più giovani ogni eventuale contatto, ad esempio, tra un nonno e un nipote diventerebbe più rischioso.

La logistica - Senza contare il problema logistico: un cambio di abitazione diventa impensabile e dei Covid-hotel rischierebbero di diventare focolai come le Rsa. Quindi l'unica soluzione diventa "l'isolamento diffuso, ognuno nella propria casa". Ammesso che gli anziani accettino di restare in isolamento, lontani dalle persone care, fino all'arrivo del vaccino.