Coronavirus, università Oxford: "Vaccino entro l'anno possibile ma non certo"
Mentre continuano le fasi della sperimentazione, i ricercatori sono ottimisti ma con le dovute cautele sulla distribuzione a partire da novembre
"E' possibile ma non certo" che il vaccino per il Covid-19 sviluppato dall'università di Oxford sia disponibile entro l'anno. Lo afferma Sarah Gilbert, uno dei principali ricercatori dell'università, commentando i primi risultati dei test. Per esser distribuito entro la fine dell'anno "il vaccino dovrà funzionare anche nei prossimi test, essere prodotto in grande quantità e le agenzie regolatorie dovranno approvarlo per un uso di emergenza".
La prima fase della sperimentazione su circa mille persone, hanno scritto i ricercatori su Lancet, ha mostrato una buona risposta immunitaria dopo due dosi, che non cala dopo quasi due mesi. Le prossime sperimentazioni, su un numero maggiore di pazienti, dovranno dimostrare che ci sia un'effettiva protezione.
"La fine dell'anno per la distribuzione del vaccino è una possibilità, ma non c'è assolutamente certezza, perché devono avvenire tre cose - ha ribadito -. Il vaccino deve funzionare anche nei prossimi test, deve essere prodotto in grande quantità e le agenzie regolatorie devono approvarlo per un uso di emergenza. Tutte e tre queste cose devono avvenire contemporaneamente per vedere un gran numero di persone vaccinate".
Intanto c'è entusiasmo all'Irbm, l'azienda alle porte di Roma che sta producendo le dosi del vaccino contro il Covid-19 studiato a Oxford. Dopo la pubblicazione dei primi risultati su Lancet, resta il clima di giubilo, "anche se sappiamo bene che il percorso è ancora lungo, per affermare che è fatta ci vorranno mesi", ha detto in un'intervista al Corriere della Sera Piero Di Lorenzo, amministratore delegato e presidente della società. "Ci vuole grandissima prudenza, non siamo al verdetto finale. Siamo moderatamente ottimisti - ha spiegato -. Avere toni trionfalistici non ha senso".
Però "siamo orgogliosi di appartenere a una squadra che è una macchina da guerra, assieme all'azienda AstraZeneca e al governo italiano. Quando è stato paventato il rischio di non poter andare avanti con l'ultima fase della sperimentazione per mancanza di volontari in Gran Bretagna, l'industria non ha esitato a triplicare gli investimenti e ha allargato i test a Brasile e Sudafrica con 10mila volontari sani ciascuno". La Irbm si è messa a disposizione, "siamo un sito di ricerca, ma ora produciamo le dosi per la fase 3 e se necessario quelle su scala industriale". Oxford "ha messo a punto l'inoculo virale, cioè la parte di vaccino contro il virus. Noi inseriamo questo materiale in un adenovirus, nostra expertise, che gli fa da navetta. Poi mettiamo il liquido nelle fiale". Se tutto va bene, "il candidato potrebbe diventare vaccino e ottenere l'autorizzazione da parte delle agenzie del farmaco, entro la fine di settembre. A novembre potrebbero essere pronte le prime dosi per i più fragili".
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