Coronavirus, Istat: dopo la pandemia al Nord la speranza di vita scende di 2 anni
A Bergamo la perdita, calcolando la vita che resta al compimento del 65 compleanno, raggiungerebbe addirittura i sei anni
Secondo il rapporto sugli scenari di mortalità stilato dall'Istat, nel 2020 si assisterebbe a un ridimensionamento, in termini di aspettativa di vita, "significativamente più marcato nelle province del Nord". In quelle maggiormente colpite dal Covid-19, soprattutto nel Nord-ovest e lungo la dorsale appenninica, "si passerebbe da una speranza di vita alla nascita di quasi 84 anni a una di circa 82".
Il rapporto sugli scenari di mortalità, che come prima firma tra i curatori ha proprio il presidente dell'Istituto, il demografo Gian Carlo Blangiardo disegna una situazione tutt’altro che rosea. E tutto ciò nell'ipotesi "moderata", intermedia tra lo scenario "ottimista" e “pessimista".
Nella provincie di Bergamo e Cremona, le più colpite dal Covid, la speranza di vita alla nascita si ridurrebbe di oltre 5 anni nello scenario "pessimista" elaborato dall'Istat. E a Bergamo la perdita, calcolando la vita che resta al compimento del 65 compleanno, raggiungerebbe addirittura i sei anni.
"L'intensità nel cambiamento della speranza di vita alla nascita appare decisamente minore, e nella maggior parte dei casi trascurabile, in corrispondenza di buona parte delle province del Centro e del Sud. Per alcune di esse si ha persino modo di registrare un miglioramento dell'aspettativa di vita (ad esempio, per talune province della Sicilia)", si spiega nel rapporto. "Le criticità appaiono più nette ed evidenti restringendo l'attenzione alle stime sulla speranza di vita degli over 65enni. In particolare, in tutte le province del Nord e parte di quelle del Centro un individuo al 65esimo compleanno poteva aspettarsi di vivere, in epoca pre-cCovid, per altri 21 anni (mediamente); mentre con gli effetti di mortalità dovuti alla pandemia, tale durata , facendo riferimento allo scenario intermedio 'moderato', scenderebbe a circa 19. Anche in questo caso, le province meridionali - si fa presente - non sembrano tuttavia registrare variazioni (perdite) di rilievo".
Nel rapporto si fa anche il conto della "perdita di futuro" che subirebbe la popolazione a causa degli effetti della pandemia sulla mortalità. In altre parole di tratta del "patrimonio demografico", come totale degli anni-vita dei residenti in un certo territorio in base alle aspettative di vita. In termini assoluti, le maggiori perdite di anni-vita, secondo lo scenario moderato, "si dovrebbero registrare nelle province di Milano, Bergamo e Brescia; in particolare, la popolazione residente nella provincia di Milano perderebbe, per effetto di Covid-19 e secondo le risultanze dello scenario considerato, più di 5 milioni di anni-vita del proprio patrimonio demografico". In termini percentuali vi sarebbero alcune province del Nord dove la riduzione sarebbe tra il 5 e il 10%. Cosa che non vale per il Centro-Sud, dove, ad accezione di Puglia, Calabria e Sardegna, si registrerebbero "variazioni del patrimonio demografico sostanzialmente nulle o in molti casi persino positive”.
Istat: al Nord speranza vita giù ai livelli di inizio millennio - "In alcuni territori si torna indietro di circa 20 anni, come nel caso di Bergamo", dove la speranza di vita stimata equivale a quella accertata "nel lontano anno 2000", o di "Cremona, dove si torna al 2003, mentre in molte altre Province, quasi tutte al Nord, il ritorno al passato, se anche non arriva ad approssimarsi a un ventennio, è comunque superiore a una decade" E’ quanto emerge dal rapporto.
Istat: 37 province del Nord spiegano l’85% della crescita della mortalità - Dal rapporto si apprende, inoltre, che circa l'85% della crescita della mortalità, registrato nei mesi di marzo e aprile, "appare concentrato in alcune aree dell'Italia settentrionale, dove l'epidemia ha colpito con più veemenza": si tratta di 37 Province del Nord, a cui va aggiunta quella di Pesaro Urbino. "Nell'insieme di queste province - si spiega - i decessi per il complesso delle cause sono quasi raddoppiati nel mese di marzo 2020 (+94,1%; oltre 22 mila decessi in più rispetto alla media 2015-2019) e sono risultati superiori di circa due terzi nel successivo mese di aprile (+66%; oltre 14 mila decessi in più)".
Istat: Covid mina l’ineluttabilità dell’invecchiamento della popolazione - "La marcata incidenza della mortalità in corrispondenza della popolazione in età più avanzata porta con sé, là dove è presente, anche un significativo allentamento di quel fenomeno, noto come invecchiamento demografico, che identifica la crescita della componente anziana e che tradizionalmente era stato visto, almeno sino ad ora e stante le dinamiche demografiche da tempo in atto, come qualcosa di ineluttabile". Così l'Istat nel rapporto. La simulazione per il 2020 in assenza di Covid-19, "mette chiaramente in luce come la quota di ultra 65enni sul totale dei residenti fosse destinata ad aumentare di altri 0,3 punti percentuali a livello nazionale, segnalando un incremento in pressoché tutte le Province", si spiega. Viceversa, viene sottolineato, "se si passa all'esame degli scenari che contemplano un effetto Covid-19 emerge un deciso aumento del numero di province che registrano valori negativi nella variazione di tale indicatore”.