Silvia Romano: "Ora mi chiamo Aisha, il primo mese di prigionia ho pianto sempre"

E' rimasto nelle mani dei carcerieri il diario che la giovane cooperante ha tenuto nei giorni della sua prigionia in Somalia. Ai magistrati ha detto: "Sono stata trattata bene e non sono mai stata picchiata"

"Durante la prigionia sono stata trattata bene, non sono mai stata minacciata di morte". Queste le prime parole dette dalla cooperante Silvia Romano, liberata e rientrata in Italia domenica. La giovane, alla psicologa dell’ambasciata di Mogadiscio, ha raccontato di aver cambiato nome ("mi chiamo Aisha") e altri dettagli della prigionia ("nel primo mese ho pianto sempre"). Il suo diario è rimasto nelle mani dei carcerieri

Tenuta in ostaggio da Al Shabaab - Secondo gli elementi emersi dal colloqui con gli inquirenti, Silvia è stata tenuta prigioniera sempre dalla stesso gruppo terroristico islamista Al Shabaab dopo essere stata ceduta loro dal commando armato di otto persone che l'aveva prelevata in un centro commercial in Kenya, nel novembre 2018.

"Ho chiesto ai rapitori di tenere un diario" - Fin dai primi momenti del sequestro, i suoi rapitori hanno cercato di tranquillizzare Silvia. "Mi hanno detto che non mi avrebbero fatto del male, che mi avrebbero trattata bene. Ho chiesto di avere un quaderno, sapevo che mi avrebbe aiutata", racconta la giovane secondo la ricostruzione del Corriere della Sera

Spostamenti e lunghe marce - La sua prigionia, nella Somalia devastata dalla guerra civile, è stata caratterizzata da continui spostamenti e da lunghe marce. Sono stati sei in tutto i luoghi in cui la Romano è rimasta segregata in questi diciotto mesi. E' sempre stata circondata da uomini, che parlavano una lingua a lei incomprensibile, e non ha visto nessuna donna. Soltanto uno dei sequestratori parlava qualche parola di inglese.

Silvia Romano in Italia, nel suo quartiere a Milano applausi e campane a festa

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Trattative e conversione - In parallelo intanto sono sempre procedute le trattative della Farnesina per riportarla in Italia. A novembre, qualche giorno prima dell'anniversario della cattura, gli 007 hanno avuto la certezza che la cooperante fosse ancora viva. "Durante la prigionia —  spiega Silvia — ho girato tre video". Intanto "leggevo il Corano, pregavo" e in questo contesto è maturata la sua conversione. "La mia riflessione è stata lunga e alla fine è diventata una decisione".

"Dormivo su teli" "Stavo sempre in una stanza da sola, dormivo per terra su alcuni teli. Non mi hanno picchiata e non ho mai subito violenza", ha ribadito più volte ai magistrati. 

"Ti liberiamo" A metà aprile la nostra intelligence ottenne il video della prova in vita. Agli inizi di maggio sono stati siglati i delicati gli accordi per lo scambio. A questo punto la giovane è stata avvisata dai suoi carcerieri: "Ti liberiamo" e per lei è finito un incubo.