Coronavirus, ecco come l'emergenza ha cambiato la scuola italiana
Chi avrebbe scommesso, appena un paio di mesi fa, che una delle istituzioni più tradizionaliste avrebbe vinto la sfida di “tradursi” in digitale ? E non è l’unico successo: piattaforme di ultima generazione, lezioni interattive e verifiche in videocall sono la quotidianità di studenti e docenti. Ovviamente, però, non mancano gli aspetti da migliorare. A svelarli l’Osservatorio “Scuola a distanza” di Skuola.net.
Siamo arrivati al picco o, per meglio dire, al plateau della curva. Una frase che abbiamo sentito dire più volte parlando della diffusione del coronavirus. Un concetto che, però, possiamo tranquillamente applicare anche alla didattica 'a distanza'. È questa la lezione che si può ricavare dal nuovo monitoraggio dell'Osservatorio “Scuola a distanza” - che sin dall'inizio ha seguìto la nuova dimensione in cui sono stati catapultati studenti e docenti - elaborato dal portale Skuola.net grazie al contributo di 20mila alunni di classi medie e superiori. Perché, dopo un mese in cui il miglioramento delle formule di smart learning allestite dagli istituti è stato rapido ed evidente, nelle ultime due settimane la situazione si è sostanzialmente stabilizzata. Difficile, a questo punto, immaginare ulteriori cambiamenti di rilievo. Il bilancio? Di tutto rispetto: ormai più di 9 ragazzi su 10, alle superiori, sono stati raggiunti dalla scuola online; qualcosa meno alle medie, comunque oltre l'80%.
Complessivamente sono quasi 150.000 i questionari collezionati da Skuola.net a partire da fine febbraio, quando il lockdown è iniziato nelle regioni del Nord Italia. Numeri che permettono di analizzare il fenomeno DAD con un grado di affidabilità elevato e di tracciare un ritratto puntuale della versione dematerializzata della scuola italiana, che accompagnerà gli studenti probabilmente fino a fine anno o addirittura agli esami di Maturità.
Le piattaforme innovative conquistano la scuola
La vera sfida non riguardava, però, tanto la quantità quanto la qualità degli insegnamenti e degli strumenti utilizzati. Ma la risposta che hanno saputo dare gli istituti, dopo un comprensibile periodo di adattamento, è stata notevole. Nelle scuole superiori, oggi, oltre 7 studenti su 10 si collegano con i propri professori sfruttando le piattaforme più evolute (G Suite, Microsoft Teams, ecc.). Ma anche le scuole medie, nonostante siano entrate a pieno regime in leggero ritardo, si stanno allineando: qui i sistemi di ultima generazione raggiungono il 64% degli alunni. Relegando nelle retrovie il registro elettronico - con le sue funzionalità avanzate - che in un primo momento era sembrato a molti un porto sicuro e che, invece, è ormai adottato da una sparuta minoranza (circa 1 su 5, alle medie come alle superiori). Meno di 1 su 10, infine, deve ancora accontentarsi di mezzi più basici come mail, chat e social network.
Lezioni interattive e coinvolgenti per tutti (o quasi)
Anche i contenuti delle lezioni hanno raggiunto un livello di 'interattività' su cui, ai blocchi di partenza, in pochi avrebbero scommesso. Ormai i tre quarti (75%) dei ragazzi più grandi (quasi 7 su 10 alle medie) possono guardare in diretta gli insegnanti mentre spiegano e far loro domande, come se fossero in classe. Solamente in 1 caso su 6 ci si limita a far svolgere esercizi in tempo reale. Quasi impercettibile la quota di quanti sono costretti ad assistere a lezioni registrate o a ricevere consegne 'da remoto': sommandoli, siamo nell'ordine dell'8%
L’interrogazione? E' in videoconferenza
Nella quotidianità degli studenti bloccati in casa dal lockdown sono entrate in pianta stabile persino verifiche scritte e interrogazioni. Il capitolo su cui si è osservata l'accelerazione maggiore nelle ultime settimane. Se, infatti, a fine marzo solo 1 studente su 2 era stato giudicato 'a distanza' ora, in media, si oltrepassa la soglia dei 3 su 4; con picchi dell'80% nel triennio conclusivo delle superiori. Proporzioni destinate a crescere ancora di qui a breve, non ci sono alternative: il ministero dell'Istruzione ha, infatti, ufficializzato la validità dei voti messi online ai fini della media scolastica, aprendo anche alla possibilità che gli alunni terminino l'anno a casa.
I problemi da risolvere (1): i dispositivi personali
Certo, in un quadro che spinge all'ottimismo (anche in prospettiva futura), non mancano dei problemi. E sono soprattutto di tipo strutturale. Riguardano la 'cassetta degli attrezzi' dello studente in smart learning a cui, a volte, mancano dei pezzi. Il digital divide in cui versano parecchie famiglie si mostra in tutta la sua evidenza. Il 27% degli intervistati, ad esempio, dice che in famiglia non c'è un numero di dispositivi (computer, tablet, ecc.) sufficiente per permettere a tutti i componenti di studiare o lavorare nello stesso momento.
I problemi da risolvere (2): la connessione Internet
Stesso discorso per la connettività: 1 su 4, ad oggi, in casa non ha una Rete all'altezza della situazione e un altro 36% ha rimediato solo all'inizio dell'emergenza. Le cause più ricorrenti delle difficoltà di connessione? Il 61% non ha un collegamento fisso così veloce da supportare un svolgimento fluido delle lezioni, il 23% accede a Internet usando un hotspot mobile ma la copertura del segnale è scarsa oppure ha pochi Giga a disposizione, il 9% non ha neanche questo.
Purtroppo sul fronte connettività e device l’Osservatorio “Scuola a Distanza” non rileva miglioramenti da almeno due settimane. Comprare pc, tablet e hotspot non è affare semplice di questi tempi, per un privato ma nemmeno per lo Stato. Gli oltre 70 milioni messi sul piatto dal MI per dotare famiglie e docenti sprovvisti dei supporti idonei alla DAD hanno bisogno di tempo per fluire da Viale Trastevere fino all’ultima scuola destinataria, a causa della immancabile burocrazia italica.
Per ora solo il 30% ha pensato di chiedere spontaneamente alla scuola un aiuto, ricevendo una risposta rassicurante solo nella metà dei casi. E’ chiaro che se sommiamo i problemi di connettività a quelli di disponibilità dei device, una percentuale significativa di studenti rischia di guardare la scuola (letteralmente) dalla finestra.
Le giornate di scuola sembrano infinite
Altro aspetto su cui i docenti dovrebbero aggiustare il tiro attiene all'organizzazione della giornata. Se, infatti, sin da subito gli istituti hanno cercato di simulare il più possibile la situazione che hanno lasciato al momento della chiusura – per il 42% degli studenti le attività si svolgono esclusivamente di mattina e con la stessa sequenza di prima e per un altro 36%, seppur con un ordine differente, terminano all'ora di pranzo – ciò non significa che l'impegno dei ragazzi non debba proseguire ben oltre. Perché ci sono i compiti da fare. E sono tanti: il 50% degli studenti ritiene che siano nettamente aumentati da quando è partita la didattica a distanza. Non solo, a 1 studente su 3 capita che i professori si facciano vivi in orari strani (sera o weekend) per assegnare o correggere gli esercizi. Un dato che, per fortuna, è in netta discesa: un mese fa lo avrebbero detto più di 2 su 3.
Troppa tecnologia: se lo dicono gli studenti...
Tutto questo si traduce in un surplus di lavoro ma anche in una vera e propria overdose di tecnologia. Per 4 alunni su 10 la giornata di scuola si allunga a dismisura: il 31% dice di passare tra le 6 e le 10 ore incollato davanti allo schermo del pc o del tablet per fare tutto quel che gli viene richiesto dai prof, il 10% addirittura le supera. Nonostante ciò, i ragazzi capiscono la complessità del momento e promuovono a pieni voti l'operato dei docenti: solamente il 7% boccia il tipo di supporto che sono riusciti a dare dall'inizio dell'emergenza. Ma c'è di più: 1 su 3 li ha decisamente rivalutati. Un altro dei successi ottenuti dalla didattica 'a distanza'.