Da "Joker" a "The Irishman", i migliori film del 2019
E' stata un'annata ricca di titoli interessanti
Il 2019 è stato un anno interessantissimo a livello cinematografico. Tra film di genere e d'autore, grandi ritorni (Scorsese, Almodovar, Allen), sorprese e personaggi emozionanti sono arrivati sul grande schermo titoli importanti come "Mariage Story", "Parasite", "Joker", "The Irishman". Passati (con trionfo annesso) dai Festival di Cannes e Venezia, ora alcuni sono in odore di Oscar...
L'anno si è aperto con il pluri-premiato "La favorita". La storia si svolge alla corte della regina Anna Staurt (interpretata dalla bravissima Olivia Colman) nei primi anni del 1700. Il regista greco Yorgos Lanthimonos ("The Lobster") ci regala un film in costume, irresistibile affresco degli intrighi di corte dal punto di vista tutto femminile, una lente deformante (come erano gli specchi convessi ancora all’inizio del ’700) che enfatizza le maschere, i ruoli sociali e la crudeltà umana.
Christian Bale interpreta Dick Cheney, l’uomo che venne scelto da George W. Bush come suo vice alle elezioni presidenziali del 2000, in "Vice - L’uomo nell’ombra". Il regista Adam McKay dopo "La grande scommessa" torna con un mix di satira e narrazione serrata che racconta la politica Usa e la fame di potere attraverso la storia di un uomo che ha contribuito in modo rilevante ad alcune tragiche pagine della democrazia a stelle e strisce agendo però nell'ombra.
"Parasite" di Bong Joon-ho ha vinto la Palma d'oro a Cannes ed è diventato il primo film sudcoreano ad aggiudicarsi il premio, mentre è accreditato come superfavorito per la notte degli Oscar 2020 tra i film in lingua straniera. Tra commedia e dramma sociale è un ritratto della società di oggi e potrebbe essere ambientata ovunque nel mondo. Girandola rutilante in un crescendo devastante di ferocia nichilista, il film ha un congegno narrativo raffinatissimo che passa soprattutto attraverso un’attenta organizzazione spaziale connessa alla trama.
"Joker" è stato sicuramente il film più chiacchierato dell'anno, nuova trasposizione cinematografica di uno dei villain per eccellenza della storia della cultura popolare. Ma qui va in scena il fragile Arthur Fleck prima di diventare il temibile Joker. Totalmente scollegato dall'universo dei cinecomic di questi anni, è un vero film d'autore (che parla tra le altre cose di populismo, rancore cieco, lotta di classe, ossessione per lo spettacolo permanente) e grazie a uno strepitoso Joaquin Phoenix ha trionfato alla Mostra del Cinema di Venezia 76 e guarda agli Oscar da protagonista.
Tra immagini sgranate, spazi interni, luci gialle, "Mariage story", diretto da Noah Baumbach, è una vera radiografia del matrimonio, capace di far percepire allo spettatore il peso dei sentimenti. Adam Driver e Scarlett Johansson sono i due lati di una famiglia che si sfilaccia e riescono invidiabilmente a raccontare amore e fallimento e una storia di tanti con una naturalezza non da tutti.
"Dolor Y Gloria" è il ventunesimo film di Pedro Almodovar. Il regista spagnolo si guarda indietro puntando sulla triangolazione che ha i suoi apici nel furore dei vent’anni, la pace dell’infanzia e il mesto presente. Tra intimità e sensibilità cinematogafica il suo attore feticcio Antonio Banderas interpreta il protagonista Salvador Mallo, alter-ego di Almodovar.
"The Irishman" è tante cose. Un kolossal per durata (tre ore e mezza) e produzione (ci sono voluti 108 giorni). Una riunione definitiva e finale dei bravi ragazzi. Un grande romanzo americano. Un epitaffio del gangster movie. Una riflessione sulla tortuosità della verità. Un cupo intreccio di storie che girano intorno alla figura realmente esistita del criminale Frank Sheeran. In una parola: cinema, quello vivo e pulsante che passa dai movimenti di macchina alle interpretazioni di Joe Pesci, Robert De Niro, Al Pacino.
Woody Allen sfida l'età e torna ragazzino con "Un giorno di pioggia a New York", una delle sue più classiche storie romantiche ambientate a New York, essenza profonda del suo cinema. Il film è uscito in Italia mentre negli Usa è ancora bloccato per le accuse al regista riemerse durante il #MeToo. L’ormai divo Timothée Chalamet è il protagonista e alter ego all'autore di "Manhattan" e "Io e Annie", e fin dal titolo la pellicola si dichiara come variazione sul tema che non impedisce di essere una continuazione di un discorso precedente. Questa sorta di educazione sentimentale rivisita i luoghi più classici del cinema alleniano attraverso una commedia caustica, incisiva e ineffabile come la nascita di un sentimento, con il tocco jazz di Chet Baker e quelli letterari di F. Scott Fitzgerald e J.D. Salinger.
"Border - Creature di confine" è un oggetto strano, che ha il sapore del cinema che non si fa più. Passato a Cannes (e uscito con il primo premio della sezione Un certain regard) il film di Ali Abbasi, iraniano naturalizzato svedese, è un viaggio dentro le tenebre dell’umanità. Disturbante e fuori dagli schemi, offre contemporaneamente un'analisi "altra" per parlare di integrazione, minoranze di qualsivoglia tipo, differenza sessuale, emarginazione, ghettizzazione, famiglie naturali. Ma è anche il segno che esiste ancora un cinema, d’autore e da festival, più vivo che mai.
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