Libia, Erdogan spiana la strada a un intervento militare diretto della Turchia
A gennaio il Parlamento voterà una mozione sull'invio di soldati a sostegno di Al Sarraj. Il dossier Libia al centro di due colloqui del premier Conte con Sisi e con Putin
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan spiana la strada a un intervento militare diretto di Ankara in Libia. Ha infatti annunciato che a gennaio, alla ripresa dei lavori del Parlamento, l'aula sarà chiamata a votare una mozione sull'invio di soldati per sostenere il governo di unità libico con sede a Tripoli contro il maresciallo Khalifa Haftar, uomo forte dell'est della Libia. Intanto la diplomazia tesse la sua tela: il premier Giuseppe Conte ha primo avuto un colloquio telefonico con il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi, con cui ha discusso anche della crisi libica, poi una "lunga e articolata conversazione" con il presidente russo Vladimir Putin. Sul dossier Libia, fa sapere Palazzo Chigi, con il leader del Cremlino "si sono ripromessi un aggiornamento costante in considerazione della importanza strategica che la Libia riveste per gli interessi anche italiani".
Nuovi raid in Libia - Tutto è accaduto nel giorno in cui si sono verificati nuovi raid con vittime in Libia. Almeno due civili sono stati uccisi e altri 20 sono rimasti feriti in un attacco aereo contro una via commerciale a Zawiya, 45 chilometri a ovest di Tripoli, un attacco per il quale il Gna (il governo di unità libico) ha accusato Haftar.
Erdogan: "Presto soldati in Libia" - "Presenteremo la mozione per l'invio di soldati in Libia alla ripresa dei lavori del Parlamento" il 7 gennaio, ha dichiarato Erdogan durante un discorso ad Ankara. "Se Dio vuole, potremo farla adottare l'8 o il 9 gennaio e rispondere così in modo favorevole all'invito del governo libico legittimo" di aiutarlo militarmente, ha proseguito. Una dichiarazione che pare in contraddizione con quanto ha fatto sapere il governo di Tripoli, secondo cui una richiesta ufficiale non ci sarebbe ancora stata: Haftar ha "fornito a delle forze straniere basi militari in Libia e se questa posizione prosegue abbiamo il diritto di difendere Tripoli e chiederemo ufficialmente al governo turco il suo sostegno militare", ha detto da Tunisi il ministro dell'Interno del Gna di Tripoli, Fathi Bashagha.
Il governo di unità nazionale e Haftar - La Libia è dilaniata fra due poteri rivali: da una parte il Gna con sede a Tripoli e dall'altra un potere a est incarnato dal generale Khalifa Haftar, che ad aprile ha lanciato un'offensiva per conquistare la capitale. Haftar è sostenuto da Arabia Saudita, Egitto ed Emirati Arabi Uniti, tutti rivali regionali della Turchia e di un altro alleato del governo di Tripoli, il Qatar. "Loro sostengono un signore della guerra. Noi, invece, rispondiamo all'invito del governo libico legittimo, questa è la differenza", ha dichiarato Erdogan ad Ankara. Il capo dello Stato turco sostiene che le forze di Haftar beneficino anche del sostegno di una compagnia di sicurezza russa, Wagner, dando così credito a informazioni di stampa sulla presenza di mercenari russi in Libia, smentita da Mosca. "Mi chiedo cosa facciano in Libia e a quale titolo questi 5mila sudanesi e 2mila altri della compagnia russa Wagner vi si trovino", aveva detto Erdogan mercoledì.
Accordo Al Sarraj-Turchia - Il 27 novembre la Turchia e il governo di Tripoli, durante una visita del premier libico Fayez Al Sarraj a Istanbul, hanno firmato un accordo di cooperazione militare e di sicurezza, come anche un accordo di delimitazione marittima che permette ad Ankara di far valere dei diritti su vaste zone nel Mediterraneo orientale ricche di idrocarburi, a grande danno di Grecia, Egitto, Cipro e Israele. Sabato il Parlamento turco ha approvato l'accordo di cooperazione militare e di sicurezza, che è entrato in vigore giovedì dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale. L'intesa permette alle due parti di inviare nei reciproci Paesi personale militare e di polizia per missioni di addestramento, ma per il dispiegamento di forze di combattimento e' necessario un mandato separato del Parlamento turco.